10 Novembre 2025

Libri da leggere | ‘Uno così: Giovanni Brusca si racconta’. Il difficile ascolto del male nel libro di don Marcello Cozzi

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Libri da leggere | ‘Uno così: Giovanni Brusca si racconta’. Il difficile ascolto del male nel libro di don Marcello Cozzi

C’è un punto, nella storia repubblicana, in cui il male sembra farsi irraccontabile. La strage di Capaci è uno di questi. E Giovanni Brusca, l’uomo che il 23 maggio 1992 azionò il telecomando che fece esplodere l’autostrada, è da trent’anni il suo simbolo più oscuro e più indicibile. Affidarsi alla sua voce, ascoltarla, perfino interrogarla, può apparire un gesto scomodo, per qualcuno inaccettabile. Ed è proprio dentro questo spazio scomodo che nasce “Uno così. Giovanni Brusca si racconta” (Edizioni San Paolo, pubblicato nel 2024), il libro di don Marcello Cozzi, sacerdote lucano con una lunga esperienza nell’accompagnamento dei collaboratori di giustizia e delle vittime, figura centrale nell’impegno antimafia e presidente della Fondazione nazionale antiusura Interesse Uomo.

Don Cozzi, già vicepresidente di Libera e della Federazione antiracket, non è nuovo alle zone di confine: da oltre vent’anni incontra detenuti, pentiti e testimoni, attraversando quel terreno fragile dove giustizia, colpa, verità e perdono faticano a trovare un equilibrio. Ma questa volta il confronto è con “uno così”, come lo definisce il titolo: l’autore di una delle azioni più devastanti della storia italiana recente, responsabile di omicidi, sequestri, torture, e di quella detonazione che ha cambiato il Paese per sempre.

Il libro ricostruisce un lungo dialogo: asciutto, schivo, spesso doloroso. Brusca ripercorre l’affiliazione giovanissima – «Sono stato ritualmente affiliato all’età di 19 anni, uno dei più giovani nella storia di Cosa Nostra» – e gli anni in cui la violenza era struttura, linguaggio, destino. Non chiede assoluzioni (“senza chiedere troppo facilmente di dimenticare”, sottolinea Cozzi), ma offre al lettore il racconto di un uomo che si espone al giudizio pubblico e prova a rileggere una vita dentro un sistema dove il potere era inseparabile dal terrore.

In questo scambio, però, il vero nucleo non è tanto ciò che Brusca dice, quanto ciò che don Cozzi vede accadere dentro di sé: il suo oscillare tra il dovere di ascoltare e quello di non tradire chi ha subito, tra la curiosità e il pudore. «Ho incontrato le storie di Abele e Caino», spiega l’autore. «Storie che ti graffiano l’anima. Sono storie di dolore, di verità incompiuta e di giustizia mai arrivata». E ancora: «Quando ho iniziato, mi sentivo come se tradissi Abele entrando in contatto con Caino». Una frattura morale che ritorna con forza nel 2016, quando incontra per la prima volta Brusca.

Il volume non tenta scorciatoie narrative né costruzioni edificanti: non c’è un lieto fine, né una redenzione pacificata. C’è piuttosto un’esplorazione dei limiti della giustizia umana e della possibilità — o impossibilità — del perdono. Il lettore è chiamato a un confronto adulto: non per assolvere, ma per comprendere i meccanismi del male e interrogarsi sul senso delle nostre pretese di giustizia.

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