Dal Cilento al Premio Carducci di Lucca

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Dal Cilento al Premio Carducci di Lucca

Si chiama Viola Schiavo, classe 1984, è di Vallo della Lucania ed è fra i 5 finalisti under 40 del Premio Carducci che, da quest’anno, dopo 55 anni, si apre ai giovani.

Viola Schiavo è riuscita, con il suo “Lascio Aperto Così Entrano”, a rientrare nella rosa del premio letterario lucchese insieme a Dina Basso (Catania, 1988) con “Uccalamma”, Carlo Carabba (Roma, 1988) con “Canti Dell’abbandono”, Massimo Gezzi (Sant’Elpidio a Mare – Fermo, 1976) con “L’attimo Dopo” e Italo Testa (Castell’Arquato – Piacenza, 1972) con “La Divisione Della Gioia”.

La giuria che ha selezionato le giovani promesse della poesia italiana è presieduta da Alberto Bellocchio e composta da Alberto Casadei, Alba Donati, Roberto Galaverni, Vivian Lamarque e Giuseppe Cordoni.

La presentazione dei giovani finalisti si terrà a Pietrasanta, in provincia di Lucca, il 9 luglio alle 21:30.

Leggiamo sul libro dal sito della Untitl.Ed, casa editrice che ha pubblicato “Lascio Aperto Così Entrano”:

Non molto spesso Untitl.Ed pubblica libri in versi. Già chiamarli libri di poesia ci suona un poco strano, e poi davvero non vogliamo fare troppa differenza: in versi va molto bene per noi – e anche per Viola, crediamo.
Qui la porta è socchiusa. Al di là della porta niente di particolarmente sconveniente, se non piccoli atti unici giocati da una giovane attrice: molto accurata nel dirigere la propria voce, ma sempre vagamente impreparata nelle posture. Non proprio asociale, non proprio scorbutica, non proprio fuori posto: sembra affidarsi tutta a una leggera e ferma impostazione vocale, cercare solo con quella di dirimere, mettere ordine, rialzarsi da certi piccoli inciampi, sanare ciò che non va. Giacché tutto nella sua vita pare andare, ma solo fino a un certo punto: ogni cosa finisce sempre col rompersi, sbreccarsi, strapparsi leggermente, andare fuori squadro.
In nome di questa piccola pazienza da aggiustatrice, in origine avevamo chiamato questo libro con un nome che troverete in una delle pagine: la correttrice di bozzoli. E sì, poteva essere anche quello. Poi però abbiamo cambiato idea, pensando a un esibizionismo leggero, molto composto, a una specie di riserbo un po’ osé.
Se vogliamo essere precisi, in queste piccole stanze dove Viola stessa v’invita a mettere il naso, l’osé viene prima, mentre in chiusura c’è sempre un gioco di parole, un gesto di noncuranza, un non mi badate troppo. Raro in chi fa poesie.

 

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