Salernitana-Cavese, un derby che profuma di storia e rivalità eterna
| di Redazione
C’è un filo sottile che lega Salerno a Cava de’ Tirreni. Non è solo una questione geografica: sono appena pochi chilometri di strada, ma una distanza che nel calcio è sempre stata un abisso di passioni, orgoglio e identità. Domenica, per l’ottava giornata del girone C di Lega Pro, andrà in scena uno dei derby più antichi d’Italia, una sfida che affonda le radici nel 1919, quando entrambe le squadre videro la luce in un Paese che si rialzava dalle macerie della guerra.
Già allora, nei campi polverosi e improvvisati di piazze e spiazzi, il pallone correva veloce. Prima ancora di incrociarsi in campionato, Salernitana e Cavese si affrontarono in amichevole, quasi a sondare il terreno di una rivalità destinata a crescere col tempo. La prima volta fu il 30 maggio del 1919, a San Severino: vinsero i cavesi 3-2 dopo che i granata erano scappati avanti di due gol. Pochi mesi dopo, a settembre, arrivò la rivincita dei salernitani con un sonoro 6-0 in Piazza dei Martiri. Erano partite che oggi definiremmo “d’altri tempi”, arbitrate da appassionati locali, giocate tra polvere e sudore, ma già segnate da un senso di appartenenza che sarebbe rimasto per sempre.
Negli anni Venti, il derby fece il salto nel calcio ufficiale, quello della Prima Divisione nazionale, l’equivalente della Serie A dell’epoca. Nel campionato 1923-24, la Cavese si impose due volte sulla Salernitana, che allora si chiamava Salernitanaudax e vestiva una maglia biancoceleste, prima di adottare definitivamente il granata solo nel dopoguerra. Le cronache dell’epoca raccontano di partite infuocate dentro e fuori dal campo, di tifosi che arrivavano con casse da morto dipinte di blu, di cori, provocazioni e risse che scoppiavano persino sui carretti di ritorno. Il calcio era un affare serio, una faccenda di cuore e di orgoglio.
Il derby divenne presto anche un duello di cavilli e carte bollate. Nel 1925, dopo una vittoria granata per 2-0, la Cavese presentò reclamo: sosteneva che due giocatori avversari non fossero regolari. Il ricorso venne accolto e la partita fu assegnata a tavolino ai metelliani. Era il segno di quanto già allora questa sfida valesse più di un semplice risultato: era questione di onore, di supremazia, di rivalità cittadina.
Oggi, a distanza di oltre un secolo, Salernitana-Cavese conserva intatta quella fiamma. Non è solo una partita di pallone: è memoria, tradizione, un’eco che arriva da lontano. È il rumore dei tamburi e delle voci che si intrecciano sugli spalti, ma anche il ricordo di chi, negli anni, ha vissuto questa rivalità come parte della propria vita.
Domenica, quando le squadre scenderanno in campo, non sarà soltanto un incrocio di classifica. Sarà un tuffo nella storia, un omaggio al calcio di una volta, fatto di campi polverosi e arbitri improvvisati, ma soprattutto di un amore incondizionato per i propri colori. Perché Salernitana-Cavese non è mai stata e non sarà mai una partita qualunque: è un derby che profuma di eternità.
Nella foto un Cavese-Salernitana del campionato 1984-1985
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