Terremoto, famiglia di Camerota tra le macerie: «Noi vivi per miracolo»

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Terremoto, famiglia di Camerota tra le macerie: «Noi vivi per miracolo»

Ricoperti di polvere, le mani insanguinate, Silvio e Marla prendono i bambini in braccio, e con la paura che la scala si sgretoli da un momento all’altro sotto i loro piedi, scendono dal secondo piano ed escono fuori casa. Pietre e calce sul letto, la corrente è andata via, mentre a terra c’è una perdita d’acqua. E’ iniziata così stanotte alle 3.36 la terribile giornata di una famiglia di Marina di Camerota, che ogni anno per un mese trascorre le sue vacanze ad Arquata in provincia di Ascoli Piceno, dove ha casa con i suoceri. Arquata, insieme ad Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto sono quasi inesistenti. Secondo i soccorritori, la situazione è «peggiore di quella dell’Aquila». I morti finora accertati sono 86 tra Accumuli e Amatrice, 34 nell’area di Arquata. Fra di loro ci sono tanti bambini, come la piccola Marisol, di appena 18 mesi sorpresa dal terremoto mentre dormiva nella casa ad Arquata del Tronto. Qui la madre si era rifugiata dopo il sisma del 2009 che ha distrutto la sua città, l’Aquila. Tanti i sopravvissuti, come Marla, Silvio e i loro tre figli.

La testimonianza Silvio, il marito, è originario del piccolo paesino di montagna di cui oggi è rimasto ben poco.  «La porta era sommersa di macerie – spiega Marla D’Andrea al Giornaledelcilento.it – lui con le mani ha cercato di togliere tutta quella che serviva per permetterci di passare. Non c’era tempo, non c’era luce, fuori era buio e non riuscivamo a vedere intorno. Abbiamo preso i bambini e siamo scesi giù. E’ stato terribile – dice – siamo scesi in strada lasciando tutto ciò che avevamo in camera, abbiamo fatto appena in tempo a prendere le scarpe. Abbiamo detto ai piccoli di non avere paura perché ora avremmo fatto tutti assieme un gioco». 

La voce di Marla si interrompe. È difficile per lei riuscire a tirare un sospiro di sollievo. Parla di ‘miracolo’. «’Siete vivi’ – si sentono dire quando arrivano giù – La gente che urla, chi chiama aiuto. Ad una vicina ha preso fuoco la porta di casa. Sommersi dalle auto che ci avevano fatto da barriere insieme alle macerie. Trenta di noi in uno spazio ridotto», racconta. Silvio e Marla si stringono forte, hanno in braccio i loro piccoli, Alessandro di 8 anni e i due gemelli di quattro. Non ci sono lacrime, non c’è la forza. Si conta. «Chi manca?». «Un nostro vicino è stato tirato fuori dalle macerie intorno alle 12, il cognato di un nostro amico non ce l’ha fatta». Ogni mezzora un sisma e ad ogni scossa una casa che cade sulle macerie, sotto i corpi. Qualche secondo in più e anche loro sarebbero rimasti uccisi dalla scossa. «Per trentanove volte ho detto Dio ti ringrazio che non siamo morti», dice Marla. 

La fuga «La nostra casa è proprio nella piazza, di fronte alla fontana – spiega – anche se antica, si teneva stretta alle altre. E’ stata forse la nostra fortuna». «Abbiamo avuto paura, tanta. Eravamo tutti raccolti nella piazzetta. Ad un certo punto ci hanno fatto andare verso la parte bassa di Arquata del Tronto, dove ora hanno allestito le tende. Hanno aperto i bagni del campo sportivo, ma io me la sarei fatta addosso. Non mi interessa nulla, solo che siamo vivi». «La prima scossa è stata interminabile, non finiva più. Abbiamo botte in fronte, la mano insanguinata. Ogni scossa cadeva una casa, sembrava un videogioco, qualcosa che non succede nella realtà. E’ come se spari e crolla la casa. Amici nostri non ce l’hanno fatta, una coppia è rimasta sotto le macerie».

Il drammatico racconto di Marla D’Andrea, giovane di Marina di Camerota, a tratti si ferma. La voce si blocca in gola, soffoca le lacrime. Prima di mezzogiorno, grazie ad un amico, sono riusciti a raggiungere Roma. «Ci siamo messi in macchina e abbiamo percorso le strade di affollate di auto e mezzi, mentre la terra ancora tremava. Non abbiamo più casa, nemmeno la macchina ma siamo vivi. – dice –  Quando ci siamo lasciati alle spalle Arquata e i paesi vicini, lo scenario era irriconoscibile. Paesi distrutti. Non dimenticherò mai più questo giorno, mai più in tutta la mia vita». 

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Foto ©Ilpost

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