Tomba del Tuffatore, 57 anni dopo: la scoperta di uno dei capolavori più affascinanti della Magna Grecia
| di Marianna Vallone
Il 3 giugno non è una data qualsiasi per chi si occupa di archeologia mediterranea. È il giorno in cui, nel 1968, nella necropoli di Tempa del Prete, l’archeologo Mario Napoli, allora Sovrintendente alle Antichità della Campania, scoprì uno dei reperti più affascinanti e iconici della Magna Grecia: la Tomba del Tuffatore, una straordinaria testimonianza di pittura parietale di età classica.
Rinvenuta nella necropoli di Tempa del Prete, appena fuori le mura dell’antica Paestum, la tomba è celebre per il suo affresco unico nel panorama della pittura funeraria greca, raffigurante un giovane che si tuffa in un’acqua misteriosa: un’immagine simbolica del passaggio nell’aldilà, che continua ad affascinare studiosi e visitatori da oltre mezzo secolo.
Ma non tutti sanno che quel giorno, a pochi metri di distanza, vennero alla luce anche altre tre tombe, meno conosciute, ma altrettanto significative. In esse furono ritrovati piccoli oggetti, frammenti di vita e di storia che spesso passano inosservati, ma che contribuiscono in modo fondamentale alla ricostruzione della cultura, delle usanze e della quotidianità del tempo.
«Abbiamo recuperato i loro corredi dai depositi», Tiziana D’Angelo, Direttrice dei Parchi Archeologici di Paestum e Velia. «Una di queste tombe era la sepoltura di una donna vissuta nel IV secolo a. C. Tra gli oggetti che sono stati deposti al suo fianco c’è uno stamnos, un contenitore per liquidi a figure rosse, e un piccolo peso da telaio in terracotta. L’archeologia è fatta di grandi e piccole storie di tutti i giorni, ognuna delle quali merita di essere raccontata».
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