I siti archeologici del Cilento. Moio della civitella: ma dove è la segnaletica? Parte III

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I siti archeologici del Cilento. Moio della civitella: ma dove è la segnaletica? Parte III

Ultima parte della nostra inchiesta sul sito archeologico di Moio della Civitella: “Avremmo voglia di aprire diverse campagne di scavo, ma i nostri progetti vengono penalizzati dai tagli economici”.

Continua da I siti archeologici del Cilento. Moio della civitella: ma dove è la segnaletica? Parte II.

§5. Un denso abitato: il terrazzo di acropoli

Il terrazzo di acropoli nel III sec. a.C. ospita un denso abitato realizzato con tecniche edilizie diverse che vedono anche l’impiego di molto materiale di riuso proveniente da edifici preesistenti, strutture altre di cui non si è ancora individuata la presenza oppure, come nel caso di altri siti, quali Roccagloriosa, dalla scomposizione di tratti della struttura muraria esterna e di terrazzamento.

L’impianto di abitato è impostato su un modello schematico regolare che prevedeva un classico sistema definito a doppio “pettine”: asse viario principale e arterie secondarie sui due lati, alcune tra l’altro individuate nel tratto di abitato scavato.

La disposizione e l’orientamento dell’impianto erano dettati dalla morfologia del luogo e disposta in modo da favorire principalmente lo stillicidio delle acque meteoriche.

Il sito ha restituito un ampio spazio basolato, probabilmente a carattere pubblico, dotato di un sistema di raccolta e canalizzazione delle acque piovane.

Va ricordato che solo a questa finalità va imputato l’intero sistema di conservazione d’acqua dell’insediamento. Le sorgenti ,infatti, pur presenti sul territorio (come quella principale dell’Acquaviva), sono collocate a quote molto più basse e comunque lontane dal circuito murario. Del sistema di raccolta acque, oltre ai canali di raccolta, sono state ritrovate tracce di ambienti interrati, forse con funzione di cisterne di conservazione.

Nella parte alta dell’insediamento è stato rinvenuto, inoltre, l’impianto di un edifico, visibile solo a livello di fondazione, cancellato dalle strutture successive ed orientato diversamente da queste. L’edificio, a pianta rettangolare di 12,80 x 5,85 m, era realizzato con blocchi di pietra squadrati che lo collocano cronologicamente alla stessa fase della costruzione della fortificazione.

La struttura si presenta oggi divisa in due ambienti da un corridoio trasversale, ma si collocava al di sotto del piano di calpestio e costituiva un canale per drenare l’acqua che defluiva attraverso le spaccature nelle rocce sulle quali si impiantava l’edificio.

Della sua organizzazione interna e della sua destinazione d’uso non è stata rinvenuta alcuna traccia, suggestive quindi appaiono le ipotesi che lo legano alla guarnigione dell’epoca della costruzione della fortezza oppure ad una funzione a carattere sacro come edificio di culto.

L’insediamento di Moio della Civitella viene abbandonato alla fine del III sec. pur presentando frequentazioni successive ma sporadiche.

Solamente nel XV sec., con l’avvio dello sfruttamento colturale della collina attraverso l’impianto del castagneto, viene probabilmente realizzata o ingrandita la Cappella dedicata alla Madonna dell’Assunta.

Infatti, gli scavi eseguiti a ridosso della Cappella non hanno restituito alcun materiale antecedente tale data da ricollegarsi alla frequentazione del sito. Recentemente sono stati ritrovati alcuni frammenti di maioliche, che componevano un precedente pavimento della cappella, databili dall’ultimo quarto del XVI sec., che sembrano confermare l’ipotesi esposta in precedenza.

§6. Il sito: ma dove è la segnaletica?

L’inchiesta che sto conducendo per il Giornale del Cilento che mi ha portato a visitare l’area archeologica di Moio della Civitella mi obbliga a rendere il lettore partecipe di un antefatto che pare di scarsa importanza ma contestualizzato assume un aspetto di notevole gravità.

Ecco i fatti

Parto da Sacco (il mio paese) alla volta di Moio seguendo l’unica indicazione rilevata nel corso del viaggio.

Dopo circa 15 minuti mi rendo conto, però, di essermi persa.

Evento che potrebbe non essere rilevante se non per il fatto che, ad un certo punto, incontro alcuni turisti stranieri, suppongo tedeschi, che hanno subito la medesima sorte.

Insieme allora decidiamo di chiedere soccorso ad alcuni abitanti del luogo: “Ma perché seguite questa strada? Bisogna andare per Campora”, dice il saggio, lamentandosi veemente contro le Istituzioni per la mancanza di una adeguata segnaletica e continua “tornate indietro e riprendete quella strada, da qui vi potreste perdere”.

Morale della favola: si torna indietro, si riprende la strada per Campora e dopo una ventina di minuti ecco Moio.

A questo punto ennesimo dilemma: come si arriva all’area archeologica?

Nessun cartello, nessuna indicazione.

Vado al Comune, il sindaco non era in sede, quindi mi mandano dal vigile che davvero gentile mi spiega come arrivare aggiungendo “la accompagnerei volentieri, ma essendo solo non mi è possibile”, dopo di che telefona al sindaco presentandomi, così da ottenere il permesso di accedere all’area archeologica.

È periodo di raccolta delle castagne e l’area è transennata, quindi, non visitabile.

Finalmente l’area archeologica.

A questo punto una breve considerazione:

La segnaletica attuale è in uno stato che senz’altro stimerei catastrofico.

I panelli sono scarsi, poveri di informazione nella maggiore parte, non visibili al pubblico, postati in luoghi non strategici, vandalizzati, e con temi irregolari.

Ci troviamo di fronte a un classico caso di mancanza d’iniziativa per rendere il Cilento più vivo ed ameno ai visitatori.

In merito al sito archeologico, dimostra un discreto stato di manutenzione.

Struttura muraria curata nei dettagli, sentieristica, a me tanto cara, “efficiente”.

Per la pulizia dell’area, però, debbo segnalare qualche deficienza.

Auspicherei maggior attenzione alle erbe infestanti ed ai “regalini” di qualche turista “distratto”.

Insomma lo stato dell’area archeologica di Moio mi porta a ripetere quanto detto per Roccagloriosa: un esempio da seguire ma… si può fare di più.   

Per concludere, mi sento di condividere l’auspicio di Giuseppina Bisogno, direttrice dell’area archeologica di Elea–Velia, che afferma: “Avremmo voglia di aprire diverse campagne di scavo, ma i nostri progetti vengono penalizzati dai tagli economici”.

Sempre la stessa storia!

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