“Chi se ne fotte?”: anche Alessia e Michela Orlando partecipano a “Voci di donne 2012”. Il racconto all’interno

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“Chi se ne fotte?”: anche Alessia e Michela Orlando partecipano a “Voci di donne 2012”. Il racconto all’interno

Anche Alessia e Michela Orlando, artiste originarie di Laurino, parteciperanno al concorso per sole donne “Voci di donne 2012. Il racconto in trenta righe: la prima volta che…”.

Per l’occasione hanno voluto regalarci in anteprima il racconto con il quale le due gemelle parteciperanno al concorso, “Chi se ne fotte?”, una sagace, ironica e sfrontata critica alla società messa in scena grazie ai pensieri di un menefreghista, una persona che se ne fotte.

Una persona mediocre attravero i cui pensieri percepiamo una realtà troppo spesso distorta da chi non riesce a guardare oltre l’apparenza.

CHI SE NE FOTTE?
Le torri stanno cadendomi addosso; l’edicola, una locandina con la finta news allude a certe misure anatomiche del premier; corpi dietro a una colonna che non sai dove arrivi e se sopporti pesi, quella che dopo, se la superi e vai a destra, vedi vicolo dei Ranocchi; c’è pure lo spacciatore, la usa come paravento e ha dato varie dosi di afgano a due scansafatiche (li conosco: non so quali impieghi potrebbero sopportare, visto che il lavoro non lo cercano più, preferendo scippare qualche anziana claudicante); il cane, la cucciolata, davanti la coop, con lo sguardo dolce-implorante-sapiente-materno, sembra saper contare e ringraziare se le molli una moneta; l’uomo barbuto, seduto, che ha imparato dalla cagnetta l’arte della seduzione; sei o sette perditempo alla Feltrinelli, le commesse e i commessi che aspettano l’ora dell’aperitivo, respirando libri scritti da mille e mille scansafatiche, che poi sanno tutti che quelle storie le hanno scopiazzate dalla vita vissuta, dai sogni, dai desideri, di cui nessuno se ne fotte, che nessuno leggerà; la catena tra un ostacolo e l’altro che non basta a evitarti l’investimento da parte di una auto scalcinata, che ti viene addosso così, per caso, senza intenzione di farti male, bensì per darti modo di verificare che gli ospedali esistono (ancora non li hanno chiusi tutti, come è accaduto ai cinema e ai teatri), che il sangue servirebbe donarlo, ma è meglio se fingi di non scoprirlo ché se ti fai svenare poi svieni; biciclette, gambe che pedalano consapevoli, giacché  loro lo sanno: Hai voluto la bicicletta? E pedala! Ma desidererebbero che il vento fosse meno forte, la strada fosse in discesa, le curve fossero meno strette, per terra non ci fossero macchie di olio e merde … che ti fanno scivolare. Tutto normale, come sempre; poi senti frastuono dalla zona delle torri che, avendo deciso di non vedere più, hai lasciato alle spalle. Vuoi vedere che sono caduti quattro mattoni in testa a quei fessi che fumano come fossero a casa loro, o al vecchio che è andato a prendere la pensione e se la sono fottuta già i nipoti? Ti giri, non si sa mai, potrebbe arrivare qualche scheggia rossa alla schiena e sei sulla difensiva, con le mani in alto e il busto curvato … Per fortuna no! Sono solo i precari, i licenziati, i cassintegrati … gente di merda; vorrebbero spaccare i cessi in testa ai padroni. Perché non se ne stanno a casa, cazzo? Vuoi vedere che ho sbagliato epoca, che siamo nel ’68?

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