Scandalo Forestale, inchiesta concussione lido Nausica: verso altro rito abbreviato

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Scandalo Forestale, inchiesta concussione lido Nausica: verso altro rito abbreviato

Ha rinunciato a comparire Marta Santoro giovedì dinanzi al Gup Vincenzo Florio per difendersi dalle accuse di Concussione avanzate dai gestori lido Nausicaa di Capaccio. Alfonso e Alberto Baviera (gestori del lido), infatti, avrebbero raccontato che tra il luglio e settembre 2011 l’ex comandante della Forestale di Foce Sele avrebbe avanzato continue richieste di danaro in cambio di omessi cotrolli.

La Santoro, in effetti, stando al racconto degli imprenditori avrebbe sottolineato l’esistenza di irregolarità sulle autorizzazioni e avrebbe usato a dir suo «la mano pesante» se i gestori non avessero pagato. Giovedì altro passo in avanti nell’inchiesta sullo scandalo Forestale con l’udienza preliminare dinanzi al giudice Florio. Il Pm Maurizio Cardea ha fatto richiesta di rinvio a giudizio mentre il collegio difensivo della Santoro (Antonio Zecca, Antonello Natale ed Angela Nigro) ha presentato istanza di rito abbreviato (cosa che comporterebbe la riduzione di un terzo della pena) e che tale processo venisse accorpato al filone principale che si terrà dinanzi al gup Elisabetta Mancini. Nel merito l’ex comandante dovrà rispondere di 7 reati e 16 capi d’accusa a partire dalla prima udienza in programma il 18 aprile. Un colpo di scena però ha fatto saltare i piani del collegio difensivo. Il giudice Florio, infatti, respinge la richiesta accettando, invece, quella di rito abbreviato e aggiornando, poi, l’udienza al 19 settembre prossimo. Questa è la data in cui si prevede il rito alternativo dinnanzi al giudice che considererà probanti gli elementi sinora raccolti dal Pm.

Sette i capi d’accusa, quindi, a cui dovranno rispondere i due ex comandanti della Forestale: concussione tentata e consumata, abuso d’ufficio, falso in atto pubblico, istigazione alla corruzione, con aggravante della reiterazione del reato e del concorso. Un quadro accusatorio basato su perquisizioni, sequestri, fermi, denunce, querele, intercettazioni e filmati. Un’ingente lavoro compiuto dalle forze dell’ordine in questi ultimi mesi d’indagine e a cui i legali della coppia dovranno rispondere punto su punto.

Nello specifico la Santoro ammette:

– di aver minacciato di apporre i sigilli alla sua nuova villa benché non vi fossero rilevazioni abusive, costringendo il funzionario del Consorzio di bonifica di Paestum, Luigi Mainardi, a versarle una mazzetta di 40.000 euro;

– di aver costretto Vincenzo Cerrato, proprietario dell’azienda casearia ‘Il Granato’ di Capaccio, a consegnargli indebitamente mazzette in almeno quattro occasioni, per un totale di 14.500 euro, per permettergli di ultimare un’abitazione privata in costruzione in aperto stato di abusivismo edilizio;

– di essersi fatta consegnare una mazzetta di 5.000 euro (in più tranche, l’ultima con un assegno bancario) da Claudio Tambasco, titolare della ‘Meridional Beton’ di Capaccio, asserendo che servivano 8.000 euro per ‘oliare un cancelliere in procura’;

– di aver intimato ad Antonio Adinolfi, titolare dell’omonima impresa di Battipaglia, di consegnarle una mazzetta di 2.000 euro per evitare il sequestro di una cava;

– di aver ‘chiesto’ a Giovanni Marandino, proprietario di un allevamento in località Sabatella di Capaccio, somme di denaro per eludere una presunta delega d’indagini della procura falsamente formata, con il velato consiglio che «una mano non si lava da sola, il cancelliere vuole un regalino».

– in concorso col Petillo, dopo aver mostrato un presunto esposto contro Filippo Gregorio, titolare della ‘Gregorio Marmi’ di Agropoli, si fece promettere una tangente di 4.000 euro per insabbiare la faccenda e darli «ad un cancelliere di Salerno che vuole mangiare…». La ditta si era già messa ‘a disposizione’ in passato, ritrovandosi a dover realizzare, gratuitamente, diverse opere in marmo per la Santoro, tra cui: lavori vari nella sua villa a Giungano; un camino ed un piano cucina presso la stazione di Foce Sele (lavori che, per ammissione del Petillo, non furono mai pagati).

Mentre in maniera parziale ammette di:

– di aver sequestrato un gazebo ed il circostante terreno a Bruno Chiacchiaro e figli, proprietari del ristorante-parco ‘Le Trabe’ di Capaccio, costringendoli a pagare una mazzetta di 2.000 euro per ogni matrimonio organizzato (per un totale di circa 40.000 euro), consentendo loro di effettuare i ricevimenti nonostante i sigilli;

– con la minaccia del sequestro del gazebo, ha costretto più volte la famiglia Chiacchiaro a versare contributi in denaro per la squadra di calcio dove giocava il figlio, e in più occasioni a fornire pranzi e cene ai suoi familiari ed amici senza mai pagare il conto;

– di aver intimato a Gaetano Bruno, proprietario della ‘Edilbruno’ di Capaccio, somme di denaro, mostrando una delega di indagini della procura falsamente formata.

Per i capi d’accusa contestati la Santoro rischia una pena che oscillerebbe dai 4 ai 12 anni di reclusione.

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