Caso Mastrogiovanni, l’inferno della contenzione. L’intervista a Giuseppe Galzerano

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Caso Mastrogiovanni, l’inferno della contenzione. L’intervista a Giuseppe Galzerano

Negli anni più duri della sanità in cui per troppo tempo la “riva più vicina alla guarigione” è stata chiudere i pazienti in quattro mura, l’umanità e la competenza di alcuni medici ha portato alla formulazione di una legge, “la legge Basaglia”, che ha sancito la chiusura definitiva dei manicomi.

Nient’altro che luoghi di contenzione, spesso con violenze, stupri, vessazioni e dosi eccessive di sedativi ed elettrochoc; una sorta di carcere per persone socialmente scomode: individui diversamente abili, omosessuali e tutti coloro che ‘davano fastidio al sistema’ . Un contenitore di malati o presunti tali; nessuna guarigione.

Immaginiamo Mastrogiovanni 58enne nel 1960 Cosa sarebbe accaduto? “L’anarchico pericoloso” sarebbe stato trasportato nel manicomio più vicino e legato ad un letto di contenzione?

La legge Basaglia del 1961 ha fatto sì, invece, che il “malato” potesse essere curato in una comunità terapeutica per poi essere reinserito nella società.
Quindi con la legge 180 si da l’assistenza al malato di mente e solo quando la persona diventa aggressiva il trattamento sanitario diventa obbligatorio: il TSO, dunque, diventa una sorta di emergenza.

Mastrogiovanni 58enne nel 2009 Cos’è accaduto? Il 31 luglio 2009 Mastrogiovanni viene trasportato nel reparto psichiatrico di Vallo della Lucania per un TSO. Rimane legato ad un letto di contenzione per 83 ore ininterrotte, alimentato per 4 giorni solo con soluzioni fisiologiche, legato mani e piedi senza acqua e senza cibo; muore per edema polmonare la notte del 4 agosto 2009.

Mezzo secolo dopo la stessa triste sorte Il maestro elementare più alto del mondo, come lo definivano i suoi alunni di Castelnuovo Cilento, il 31 luglio viene prelevato dalle forze dell’ordine in un camping sulla spiaggia tra Acciaroli ed Agnone nel comune di San Mauro Cilento. La motivazione: la sera prima Mastrogiovanni guida la sua auto nell’isola pedonale del comune di Acciaroli; per cui il sindaco convoca il capo dei vigili urbani che si reca sul posto e – come ha testimoniato lo stesso – nota “un uomo in macchina al buio e con lo sguardo perso nel vuoto”.

Alcune stranezze Quindi l’allora sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, fa praticare il TSO a Mastrogiovanni, ma il trattamento verrà eseguito in un comune diverso da quello di appartenenza di Vassallo. La legge però dispone che sia il sindaco del comune in cui si trova il “paziente” a disporre il TSO, mentre, invece, viene disposto da Vassallo e attuato nel comune di San Mauro Cilento.

La contenzione Il rifiuto della contenzione è stata una delle parole d’ordine di chi al mondo, e in particolare in Italia, ha ipotizzato e praticato psichiatria senza manicomio. La legislazione italiana oggi ha, almeno ufficialmente, abolito i manicomi; ma a quanto pare non è scomparsa, così come non sono scomparse altre pratiche legate alla cultura manicomiale.  Generalmente lo psichiatra che utilizza la contenzione vede questa come una necessità per impedire che quel paziente si faccia del male o faccia male ad altri. Eppure, a far male, spesso, è proprio quest’ultima se non praticata con le dovute attenzioni.

L’intervista Il Giornale del Cilento ha intervistato Giuseppe Galzerano, membro del Comitato “Giustizia e Verità per Francesco Mastrogiovanni”, per approfondire la figura di quest’uomo anche attraverso gli occhi di un amico.

Dal 2009 si è informato, e non poco, sulla pratica del TSO (trattamento sanitario obbligatorio). Per quanto tempo e in quali modalità dovrebbe essere praticata la contenzione?
Cominciamo subito col dire che la contenzione è un vero e proprio sequestro ed è una limitazione della libertà personale. Stando alla Costituzione dovrebbe essere vietata, ma ciò nonostante viene praticata, così come abbiamo scoperto in seguito alla drammatica e tragica vicenda di Francesco Mastrogiovanni, che è stato ininterrottamente contenuto per ben ottantatre ore, fino a provocarne la morte. Nessuno ci può privare della libertà personale, nemmeno un giudice! Ci può essere tolta o può essere limitata la nostra libertà ambientale, ma non quella personale. Nel senso che ognuno di noi può essere arrestato e possiamo essere rinchiusi in carcere, ma dentro la cella non possiamo assolutamente essere legati e nessuno può impedire il movimento del corpo, attraverso i movimenti delle mani e dei piedi. Come sappiamo anche dalla letteratura i carcerati, in cella camminano, anche se vanno avanti e indietro nella cella e fanno solo pochi passi. Vorrei che fosse chiaro che nessun giudice, anche condannandoci, ci potrà mai privare della nostra libertà di movimento…

Purtroppo molti ritengono la contenzione un atto medico. Nulla di più falso. I medici devono curare, non legare: hanno studiato e sono pagati per curare e quando legano un paziente commettono un reato. Nessuno gli ha accordato questa facoltà. Eppure persone pagate per curare spesso ricorrono a questa aberrazione, perché sanno di poter contare sul fatto che chi li accusa non verrà creduto o sarà difficilmente creduto. Invece negli ospedali si viene contenuti, cioè legati. E’ un abuso gravissimo. E’ quello che è successo a Francesco Mastrogiovanni nel reparto di psichiatria dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania, dove è arrivato il 31 luglio 2009 in seguito ad un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) del tutto illegittimo, disposto dal sindaco di Pollica, ma eseguito – badate bene! – nel territorio del comune di San Mauro Cilento dai vigili del comune di Pollica, con uno sconfinamento territoriale che non è consentito, fatto anche a totale insaputa del sindaco del comune di San Mauro Cilento. Il TSO si fa esclusivamente nell’interesse della salute di una persona che ha bisogno urgente di essere curato, di essere sottoposto a cure mediche, ma che invece non fa o non accetta. Allora lo si obbliga e, se è necessario, viene condotto con la forza in ospedale per essere sottoposto a visita medica e alle eventuali cure che la sua malattia richiede.

E’ il medico che richiede il TSO e dal momento che è qualcosa di delicato il giurista ha stabilito che non basta la richiesta di un solo medico, ma dev’essere confermata da un secondo medico. Solo in presenza di ben due certificati medici che attestino il bisogno di cure mediche il sindaco, una volta che ne ha preso visione, può ordinare il TSO nei confronti di una persona, obbligandolo a curarsi. Ma non è obbligato a farlo, nel senso che rientra tra le sue facoltà e può tranquillamente non accettare la richiesta dei medici (ed io so di sindaci che pur in presenza dei certificati medici, hanno ritenuto di non dover disporre il TSO). Questo proprio a garanzia della libertà del cittadino, perché la libertà è un bene fondamentale di ognuno di noi e per la libertà l’uomo ha sempre lottato, così come ci ricorda anche Dante Alighieri nei famosi versi della Divina Commedia. Invece nel caso di Francesco Mastrogiovanni, ch’era un insegnante elementare, è avvenuto il contrario di quanto prevede la normativa: è stato il sindaco di Pollica a chiedere il TSO e i due medici sono stati succubi della richiesta ed hanno fatto i certificati medici, non visitando la persona, ch’era in mare, ma guardandola dalla spiaggia ad una distanza di 70-80 metri. Comunque tralasciando tutto questo aspetto illegittimo, bisogna dire che se nella nostra lingua le parole hanno ancora un significato – e le parole devono avere un significato per tutti, altrimenti vivremo nella confusione – quando Mastrogiovanni è uscito dall’acqua ed ha accettato di essere sedato con un’iniezione, cioè ha accettato le cure, in quel momento l’obbligatorietà della cura, ovvero del trattamento sanitario obbligatorio decadeva e cessava e doveva essere lasciato libero. Invece è stato messo in ambulanza e portato con la forza all’ospedale di Vallo della Lucania, anche se aveva invocato: «Non mi fate portare a Vallo perché mi uccidono!», ma la sua invocazione è rimasta inascoltata.

Una volta in ospedale è stato legato e lo è rimasto fino alla morte, anzi è rimasto legato ben sei ore oltre la morte. E questo fatto testimonia – qualora ve ne fosse bisogno – del totale abbandono in cui è stato tenuto. Non è morto in mezzo alla strada o in una caverna della preistoria, ma in una stanza dell’ospedale di Vallo della Lucania e nonostante la moderna tecnologia nessuno si è accorto della sua morte… E’ inaccettabile, è incredibile che questo sia potuto succedere nell’anno del signore del 2009… Aggiungo anche che chi ha un cane, la mattina o la sera lo scioglie e gli fa fare una passeggiata. Invece Franco Mastrogiovanni non è stato né nutrico né alimentato per ottantatre ore, ovvero per quasi quattro giorni. E’ stato trattato al disotto di un animale.

In ospedale, poi lo hanno legato solo perché ha detto no ad un prelievo delle urine! Non so se capite… Lo ha detto l’altro giorno in tribunale il medico, al quale lo avrebbe riferito un infermiere e che, per questo senza preoccuparsi di controllare se fosse vero o falso, ne ordina la contenzione e dopo aver prelevato le urine lo ha continuato a far rimanere legato. Lo dimentica… Anche se avesse detto di no, il medico avrebbe potuto parlarci e convincerlo e così – ne sono certo – come prima si era fatto sedare, Mastrogiovanni avrebbe anche acconsentito al prelievo delle urine. Invece è stato contenuto per un NO! Questa concezione della psichiatria è aberrante. Quest’atto di disubbidienza – che poi disubbidienza non è! – al medico-tiranno è stato punito con la contenzione. E’ possibile accettare una cosa del genere?! E’ sconcertante….  Dopo averlo fatto contenere senza nessun motivo, senza nessuna verifica, poi non lo ha controllato più e Mastrogiovanni è rimasto in balia di questi che io stento a chiamare medici…

Prima ci avevano detto che Mastrogiovanni aveva un comportamento aggressivo e per questo, non potendo fare diversamente, erano stati costretti a legarlo. Naturalmente noi non ci credevamo. Adesso invece, con la dichiarazione del dott. Barone, veniamo a sapere che Mastrogiovanni è stato legato solo per aver detto un semplice e normale “No!”, un no al prelievo delle urine. Invece di convincerlo con le parole lo hanno costretto ad ubbidire sopraffacendolo con la forza e con la brutalità più selvaggia. “Tu ci dici no e noi ti leghiamo! Ti leghiamo per sempre!”. Una volta fatto il prelievo, cessato lo stato di necessità, avrebbero potuto scioglierlo, invece andava punito per aver detto di no. E’ veramente aberrante scoprire questa concezione e questa pratica della psichiatria. Nel reparto di Vallo della Lucania i medici non ammettevano atti di disubbidienza alle loro richieste. “Guai ai disubbidienti” e così la contenzione è andata oltre la morte del paziente, che è bene ribadire – a testimonianza del totale stato di abbandono in cui è stato tenuto Mastrogiovanni – è stato sciolto ben sei ore dopo dal momento in cui il suo cuore è cessato di battere.

Cerchiamo di far conoscere ai lettori del Giornale del Cilento chi era Mastrogiovanni. Era “l’anarchico pericoloso” o “il maestro più alto del mondo”?
E’ una storia lunga e che viene da lontano. Mastrogiovanni si portava questa nomea di anarchico pericoloso, ma pericoloso non lo era e non lo è mai stato. Tra l’altro non ha mai fatto manifestazioni politiche, né mai svolto attività militante. La sua anarchia era la legittima aspirazione ad un mondo più giusto e più libero, senza padroni e senza servi. Quand’era ragazzo fu coinvolto nella vicenda Marini-Falvella accaduta a Salerno nel 1972. Dal momento che Giovanni Marini stava svolgendo una controinchiesta su uno strano incidente stradale avvenuto la notte del 27 settembre 1970 sull’autostrada Napoli-Roma, a Ferentino, nei pressi dell’abitazione di Valerio Borghese, comandante della X Mas e che aveva combattuto nella Repubblica Sociale Italiana, nel quale erano stati uccisi quattro giovani anarchici di Reggio Calabria insieme ad una ragazza tedesca, incinta, che stavano andando a Roma a portare i risultati di una loro inchiesta sulle bombe fatte scoppiare dai fascisti a Gioia Tauro sui treni che portavano i lavoratori ad una manifestazione che si doveva tenere nel capoluogo reggino.

Io avevo conosciuto questi ragazzi. L’incidente era stato provocato da un autotreno guidato da un autista salernitano, che guidava a fari spenti e schiacciò la mimi minor degli anarchici calabresi. Stavano portando a Roma una cartella con la relazione sulla loro indagine, fogli che sparirono misteriosamente e non sono stati mai ritrovati. Anche questa una faccenda molto strana. L’autista risultò iscritto al MSI e questa coincidenza fu naturalmente – e non poteva essere altrimenti – sospetta e i compagni di Roma chiesero a Giovanni Marini di vedere un po’ chi era questo autista per capire se fu un incidente casuale o programmato. A Salerno, una piccola città, si venne a sapere di questa indagine e cominciarono ad arrivare telefonate minatorie a Giovanni Marini.

Non dimentichiamo che in quel tempo a Salerno c’era una notevole presenza di militanti fascisti e veniva spesso l’on. Giorgio Almirante a tenere riunioni e comizi. Inoltre al congresso dei giovani fascisti, svoltosi a Firenze nell’aprile del 1972, l’on. Almirante invitò i militanti fascisti allo «scontro fisico», il che significa alla violenza. Numerosi furono gli atti di violenza commessi in quel periodo dai fascisti – basta scorrere le cronache giornalistiche del tempo. La sera del 7 luglio 1972, al lungomare, Marini che stava passeggiando insieme ad un suo amico studente fu provocato con delle gomitate da un gruppo di fascisti, ma non raccolse la provocazione. Quella sera, più tardi, aveva appuntamento con Mastrogiovanni, che all’epoca aveva 21 anni, per andare a teatro Verdi a vedere uno spettacolo. Percossero per caso Via Velia e mentre loro scendevano i fascisti stavano salendo la strada. Marini li riconobbe e disse a Mastrogiovanni, che era più alto: «Quei sono i fascisti che mi hanno provocato». Allora Mastrogiovanni disse: «Non ti preoccupare, adesso ci vado a parlare io e vedo cosa vogliono». Attraversò la strada e chiese ai fascisti: «Che volete? Che vi abbiamo fatto?» e per tutta risposta Mastrogiovanni s’ebbe una coltellata in una gamba e cadde in pozza di sangue.

Quando Marini lo vide cadere sull’asfalto attraversa la strada, e riuscì a disarmare i fascisti e a colpirli, tanto che Falvella dopo poco spirò all’ospedale. Mastrogiovanni aveva chiesto solo spiegazioni ed era stato aggredito. Furono arrestati, Marini fu poi condannato (il processo fu sospeso a Salerno e si svolse al tribunale di Vallo della Lucania, io ricordo che lo seguii come giornalista regolarmente accredito per la stampa anarchica italiana e francese) ma Mastrogiovanni fu assolto. Da anni faceva il maestro e, per la posizione occupata in graduatoria, sarebbe quanto prima entrato di ruolo. Come maestro era ben voluto dai bambini, che lo chiamavano il «maestro più alto del mondo», lo disegnavano nei loro quaderni. In effetti Mastrogiovanni era alto quasi due metri e quell’anno aveva insegnato a Pollica. Nel successivo anno scolastico non è più ritornato a fare scuola….

Siamo nel vivo del processo. Lei, come amico e come “Comitato Giustizia e Verità per Franco” ha partecipato a tutte le udienze svolte finora. Che idea si è fatto?
Come cittadino, come amico e come componente del Comitato Verità e Giustizia per Mastrogiovanni ho seguito con molta attenzione tutte le udienze del processo e ho molta fiducia nella Giustizia. Gli stessi consulenti degli imputati hanno stigmatizzato la contenzione, è palese che non sono stati i medici a subire violenza, ma senza motivo è stato Mastrogiovanni a subire la violenza dei medici e degli infermieri.

Non dimentichiamo che gli imputati sono diciotto. Sono persone che lavorano in un ospedale pubblico e non in un campo di sterminio nazista… che vivono nel 2009 e non nel medioevo o all’età della pietra. Sono persone che hanno studiato, che hanno giurato di curare il dolore e le sofferenze degli uomini e delle donne e invece…. Ed è per questo che mi domando: «E’ mai possibile che nessuno di loro si sia posto la domanda “Ma che stiamo facendo?”, che nessuno di loro abbia avuto il dubbio sul proprio operato». C’è stato un filosofo che ci ha insegnato che il dubbio è fondamentale nella vita e nella cultura. Invece hanno fatto finta di niente… e Mastrogiovanni è morto. E quando è andata, la sera prima della morte, la nipote che voleva vederlo le hanno detto di no, che non era possibile, allontanandola dal reparto. In tribunale ci sono stati i medici che hanno detto che le visite dei parenti in quel reparto non erano consentite perché danneggiavano i pazienti.

Un uomo sano muore dopo 83 ore di contenzione ininterrotta in un ospedale pubblico, luogo nel quale più di ogni altro dovrebbe essere garantito il diritto alla salute. Cosa c’è di sbagliato? Cosa manca, in generale, a chi opera in questo settore?
Manca l’umanità…

Un TSO disposto da un sindaco di un comune diverso da quello nel quale si trovava Mastrogiovanni, visite negate alla nipote della vittima, Grazia Serra; qual è la cosa che in quel periodo l’ha insospettita di più?
Un uomo sano muore dopo 83 ore di contenzione ininterrotta in un ospedale pubblico, luogo nel quale più di ogni altro dovrebbe essere garantito il diritto alla salute.

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