Marina di Camerota, templi della preistoria e monumenti della cultura abbandonati al degrado

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Marina di Camerota, templi della preistoria e monumenti della cultura abbandonati al degrado

Sono lasciati all’intemperia. Abbandonati all’indifferenza di tutti. Un patrimonio di un valore inestimabile compreso da pochi. Sono la storia di Marina di Camerota e parte della storia italiana. Dal palazzo marchesale alle grotte paleontologiche, dalle torri saracene a quelle del telegrafo. I beni archeologici della “perla del Cilento” sono visitati sempre di meno dai turisti. Nessuna guida specializzata, nessuna visita guidata. In altri posti nessuno si sarebbe fatto scappare un’occasione del genere. Un lavoro. Un’opportunità di vita. Marina di Camerota vive solo di mare, di spiaggia, di sole. Il paese d’estate potrebbe coniugare due diversi tipi di turismo: quello della tintarella e discoteche con quello culturale e storico. Ma l’idea pare non piacere a nessuno.

Il gigante che dorme Il palazzo marchesale di Marina di Camerota, da tutti conosciuto come il castello, è diventato il simbolo dell’indifferenza e dell’abbandono. Sacralità e tradizioni si sono consumate nel tempo insieme allo storico baluardo invecchiato e avvilito. Un tempo fra quelle mura la famosa festa della Bambinella e la presa della Bastiglia, due ricorrenze che si tenevano all’interno del palazzo, due feste che aggregavano e accompagnavano turisti e cittadini indietro nel tempo. Ora, il palazzo è circondato da una discarica abusiva e frequentato dagli adolescenti in cerca di un riparo sicuro in compagnia della propria ragazzina. Sciacalli e vandali hanno saccheggiato e distrutto negli anni i beni del palazzo. Le mura dipinte con la vernice spray. Le stanze distrutte. E la chiesetta al pian terreno vandalizzata. «C’erano diverse cose dentro al palazzo – afferma Rino Scarano, un conoscitore della storia di Camerota – dai quadri datati, alle vecchie armature tenute lì esposte. Poi ricordo lunghi tappeti e mobili antichi. Ma come si usa fare spesso dalle nostre parti, appena è stato lasciato tutto incustodito, i ladri hanno portato via la merce. Sono pezzi di storia scomparsi per sempre». C’è stato interesse da parte della cittadinanza nel vedere il palazzo marchesale ristrutturato ed utilizzato: l’idea era quella di creare all’interno spazi ricreativi come ad esempio un oratorio, la biblioteca comunale e diverse sale congresso. Ipotesi rimaste sempre tali anche perchè attualmente il palazzo è privato. E’ stato venduto dal Comune a una famiglia che non è del posto. Forse, rimarrà per sempre l’emblema di questo paese, il ricordo di tempi passati.

La preistoria dimenticata Per via della natura carsica del suolo, Marina di Camerota è nota ai paleontologi per le interessanti grotte sparse per tutto il suo territorio, nella maggior parte delle quali, a partire dalla metà del 1900, sono stati fatti importanti ritrovamenti archeologici risalenti principalmente all’età della pietra. A cominciare dal confine con Palinuro, lungo la cosiddetta Cala del Cefalo si ritrovano grotte che fino all’epoca delle scoperte erano abitate da pastori con le famiglie. Altre ancora si trovano sulla costa e sono raggiungibili solo via mare. Nel 1960, alcuni resti di crani umani ritrovati nella grotta Sepolcrale e, mal ricostruiti, fecero per breve tempo ritenere che fosse stato ritrovato un «anello mancante» nella catena evolutiva umana, giacché i reperti (risalenti al Paleolitico Medio) si presentavano come quelli di un individuo dal mento sporgente e dalle notevoli capacità craniche, in netta contrapposizione all’Uomo di Neanderthal. Al presunto ominide venne dato il nome di Homo Camerotensis, ma dopo poco tempo, studi approfonditi ne fecero cadere la già debole identità. Un bene comunque prezioso lasciato a marcire dal tempo. Nascosto dalle erbacce. Dinanzi a due di queste grotte passano d’estate migliaia di turisti per godersi la spiaggia e il mare di Lentiscelle. Ci passano a piedi, in biciletta e in macchina. Ma quanti di loro realmente conoscono questa storia?

La nave del miracolo Una delle grotte di Lentiscelle ha ospitato per anni il Leone di Caprera, una goletta che nel 1890-1891 attraversò l’Atlantico da Montevideo a Livorno. Il nome è un omaggio a Giuseppe Garibaldi. Uno dei tre membri dell’equipaggio, Pietro Troccoli morto nel 1939, era cittadino di Marina di Camerota, emigrato giovanissimo in Uruguay. Dal marzo 2007 e per due anni circa, l’imbarcazione è stata a Livorno per restauri. I restauri sono finiti, ma la storica nave non può tornare a Marina di Camerota perché non esiste un museo per ospitarla e proteggerla. E’ stata esposta per giorni anche nella famosa galleria di Milano. Un bene andato via, forse, per sempre. La grotta che ha ospitato la nave a Marina di Camerota conserva ancora l’impianto di illuminazione e diversi resti in legno. Legno marcio abbandonato nella caverna e ammuffito dall’umidità. Il cancello, sempre in legno, è stato sostituito più volte perchè d’estate è stato distrutto da bande di ragazzi che utilizzano le tavole per accendere il falò in spiaggia. La struttura che sorreggeva la nave è ancora lì, non serve più a nulla, ma è ancora lì.

Da lì avvistavano i pirati Fra i motivi d’interesse, meritano citazione le tre «torri del Telegrafo» o «Saracene». Le costruzioni risalgono all’epoca vicereale, esse costituivano un sistema di vedetta e comunicazione ed erano dislocate in punti strategici opportunamente individuati lungo la costa tirrenica meridionale. Da quelle torri venivano avvistati i nemici e ogni torre guarda almeno un’altra torre. Con questo sistema la torre che avvistava il pericolo comunicava mediante segnali di luce o fumo l’avvistamento alla torre successiva o antecedente. Le tre torri sono: la torre dell’Isola, la torre del Poggio e quella dello Zancale. Altre torri si trovano lungo il vastissimo litorale (22 chilometri circa), abbastanza lontano dal paese e sono quasi tutte ridotte a rudere; tra di esse, quella di cala d’Arconte, la Fenosa o Capo delle Gatte, quella di Porto Infreschi, e quella di punta Infreschi chiamata il Semaforo, giacché venne usata come faro durante la guerra, dalle truppe alleate. Tutti pezzi di storia del paese. Tutte dimenticate, alcune crollate, altre addirittura imbrattate. Quella del Poggio è rinchiusa in galera, circondata da un’impalcatura in ferro arruginita. Sono anni che è ferma così. I lavori di restauro sono partiti negli anni 90 e mai terminati. Qualche turista tedesco, di tanto in tanto, si affaccia per scoprirne la struttura interna, ma sono davvero poche le persone che le visitano con accortezza. Per la torre dell’Isola è partito addirittura un appello, da un cittadino, sul social network Facebook perchè pare che la struttura sia a serio rischio crollo.

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