I siti archeologici del Cilento. Moio della civitella: ma dove è la segnaletica? Parte II

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I siti archeologici del Cilento. Moio della civitella: ma dove è la segnaletica? Parte II

Prosegue la nostra indagine sul sito archeologico di Moio della Civitella.

Dopo averne analizzato le caratteristiche passiamo ora alla sua storia.

Continua da I siti archeologici del Cilento. Moio della civitella: ma dove è la segnaletica? Parte I.

§3. Genesi di un insediamento storico

Il Fruryon della Civitella, dagli studi più accreditati, è legato nella sua genesi alla colonia Focea di Velia ed alle sue esigenze di controllo militare ed economico.

La collina abbraccia, ad occidente, tutto il tratto costiero della piana dell’Alento, mentre ad est la vista si apre sul passo di Cannalonga, chiuso tra il massiccio del monte Gelbison e la base della collina stessa.

Verso nord, invece, si delinea la boscosa vallata dei fiumi Trenico e Calore, fino a raggiungere la barriera dei monti Alburni e degli altopiani del monte Cervati.

Una peculiarità, questa, che è all’origine dello stesso insediamento, quando il controllo del territorio era un’esigenza primaria per sopravvivenza e sviluppo di una comunità.

All’epoca dell’insediamento oggetto di indagine la collina si presentava, come è logico supporre, nella sua gran parte spoglia di vegetazione per favorire eventuali avvistamenti.

Essa, infatti, costituisce uno dei capisaldi naturali posti a controllo degli accessi dall’entroterra verso la valle costiera dell’Alento e l’insediamento della colonia Greca.

L’impianto restituisce tracce di frequentazione greca risalenti già all’epoca iniziale della fondazione ionica con tracce sporadiche che attestano un’attenzione, poi, immediata da parte dei coloni Focei al controllo del territorio.

Ma è solo nel IV sec. a.C., però, che viene predisposto l’enorme cantiere per l’edificazione del sistema di fortificazioni sulla sommità della collina di Moio, con l’implementazione di una struttura muraria eseguita sulla scorta di una progettazione attenta e competente, quasi certamente svolta da architetti militari di tradizione ellenica.

Testimone di ciò è l’estrema perizia evidenziata sia nella tipologia dell’impianto, sia nella messa in opera delle strutture, la cui osservazione ci consente di leggere una serie ampia e diffusa di accorgimenti tecnici e strutturali applicati al fine di garantire funzionalità, stabilità e durata al complesso difensivo. 

Contestualmente si sviluppò un insediamento denso e significativo che vide un progressivo ampliamento, “esondando” successivamente verso i terrazzi collinari posti a quote più basse in prossimità degli attuali abitati di Moio, Pellare e la stessa Cannalonga.

§4. Un complesso fortificato: proteichisma e diateichisma

Il complesso era costituito da un primo ampio recinto esterno detto “proteichisma”, dalla conformazione a ellissoide irregolare. Il diametro minore è di circa 170 m, il maggiore 335 m. Lo sviluppo perimetrale, invece, raggiungeva la dimensione massima di circa 850 m, con una superficie interna di poco superiore ai 46.000 mq.

Questa sorta di recinto, che rincorre la orografia del luogo, si era sviluppato in modo tale da contenere in sé i due terrazzi acroteriali della collina della Civitella.

La fondazione muraria, infatti, correva parallela ai margini dei terrazzi impostandosi spesso sull’orlo di ripide scarpate, amplificando, così, la capacità difensiva del complesso.

L’anello murario si interrompeva a nord della collina, punto in cui si riduceva soltanto per brevi tratti di integrazione tra rocce affioranti. 

L’areale interno al recinto fu predisposto su tre ampi pianori terrazzati attraverso l’impianto e la costruzione di due lunghe mura “diateichismata”.

Le mura interne vestivano una duplice funzionalità:

  • migliorare il sistema di difesa militare dell’area;
  • sostenere e regolarizzare i pianori collinari.

In particolare si ritenne opportuno ampliare e stabilizzare il pianoro sommitale, o acroteriale, funzionale all’accoglimento del nucleo urbano dell’insediamento.

I diversi recinti murari vennero impostati tagliando parte del pendio collinare per addossarsi contro il terreno retrostante, una soluzione tale da renderli anche strutture di terrazzamento semplicemente raccordando il terreno all’elevato murario.

La struttura muraria è una struttura complessa e consistente, dove due paramenti paralleli (uno interno, a ridosso del terreno, ed uno esterno, a vista), posti a circa 250 cm di distanza, sono collegati tramite muri di spina dyatoni ad essi ortogonali.

Gli spazi vuoti, che si venivano in questo modo a creare, sorta di celle chiuse, venivano riempiti con pietrame di scarto e terreno, un modo per far acquisire al muro una consistenza statica tale da renderlo in grado di assolvere alla funzione di sostegno cui era destinato.

Il proteichisma, o recinto esterno, doveva essere privo di torri ed era interrotto solo dalle cinque porte disposte in maniera più o meno regolare in corrispondenza delle estremità degli assi dell’ellisse murario così da consentire l’accesso all’insediamento da ogni direzione dal territorio esterno.

Queste furono collocate, con evidenti finalità difensive, in corrispondenza di un cambio di direzione dell’andamento murario, al termine, cioè, di un tratto più o meno rettilineo al fine di controllarne l’accesso e difenderlo in caso di aggressione.

La porta sud o ‘dei castagni’, in particolare, (costituita da un sistema architravato a mensole aggettanti con intradosso sagomato ad arco che sormontava il portale di ingresso della porta), si colloca alla quota altimetrica più bassa dalla murazione, quasi a volersi protrarre verso la vallata per accogliere il visitatore.

Il sistema difensivo è il classico schema a “tenaglia”, con un “protyron” anteposto al vano della porta interna, il quale risulta ruotato rispetto al piano d’ingresso e con un piano di calpestio fortemente in pendenza verso l’esterno.

Della struttura ne sono stati rinvenuti quattro blocchi di cui tre compongono la mensola di destra. Un quarto è quanto resta della mensola di sinistra. La sagomatura ad arco delle mensole era di puro gusto estetico, costituiva cioè soltanto un accorgimento atto a migliorare la percezione della struttura.

La tecnica edilizia impiegata nella murazione di IV sec è l’opera quadrata pseudoisodoma, tecnica ancora evidente in molti tratti della struttura muraria occidentale e delle murature di terrazzamento interne.

Capitolo a sé merita lo scolo delle acque meteroriche, che dovevano interessare la parte sommitale della fortificazione relativa al camminamento.

Esso avveniva attraverso dei barbacani, realizzati accuratamente in blocco unico incavato a canale e sagomato all’esterno come gocciolatoio.

Di questi blocchi sono stati rinvenute tracce su alcuni blocchi scivolati sui terrazzi inferiori della collina. 

CONTINUA

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