La Corte di Cassazione ha fatto chiarezza su un tema assai delicato e concreto: quando un dono modesto da parte di un privato ad un pubblico agente può configurare il reato di corruzione, e quando invece rimane nell’ambito di un semplice illecito disciplinare.
Nel caso di specie due imputati, un amministratore e un consulente di una società, avevano consegnato gioielli in oro per un modesto importo, ad un membro di commissione giudicatrice di una gara pubblica, avente per oggetto un valore estremamente più elevato.
La Suprema Corte ha stabilito che il valore modesto dell’utilità, se non inserito in un quadro di “scambio corruttivo”, può escludere la rilevanza penale, non essendo funzionale ad interferenza con l’atto d’ufficio.
La proporzionalità tra prestazioni non è elemento costitutivo del reato, ma assume un rilievo nel giudizio probatorio: serve per valutare se davvero esiste un nesso di corrispettività tra il dono e l’azione pubblica. Se manca tale nesso, non si configura il reato di corruzione ai sensi dell’art. 318 c.p.
Tuttavia, il fatto non è privo di conseguenze: anche doni di modico valore, se avvenuti “in coincidenza temporale con l’esercizio della funzione”, integrano un illecito disciplinare.
La Corte richiama in particolare il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (d.P.R. 62/2013), che vieta l’accettazione di regali da soggetti con interesse in atti di ufficio, salvo quelli d’uso di modico valore (orientativamente fino a 150 euro), ma condiziona fortemente tali eccezioni.
Questo principio ha un valore pratico rilevante: evita una criminalizzazione automatica dei piccoli gesti di gratitudine, ma non esonera i dipendenti pubblici dal rispettare i doveri di imparzialità, onestà e correttezza previsti dal loro codice deontologico.
La decisione della Cassazione riveste, dunque, un duplice significato.
Da un lato, rafforza il principio di offensività del diritto penale: il riconoscimento di reato deve essere riservato a condotte realmente capaci di minare la funzione pubblica e non a semplici regali simbolici.
Dall’altro, sottolinea l’importanza delle regole disciplinari: anche quando il diritto penale non interviene, l’ordinamento amministrativo ha strumenti per reprimere comportamenti che possono sminuire la fiducia della comunità nella Pubblica Amministrazione.



