16 Dicembre 2025

Ma è vero che i condannati per reati sessuali vengono rinchiusi in un’aula speciale del carcere?

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Ma è vero che i condannati per reati sessuali vengono rinchiusi in un’aula speciale del carcere?

L’avvocato Simone Labonia ci spiega le ragioni, la normativa e, soprattutto, le criticità che inducono a tale separazione nel contesto carcerario.

Nella sostanza, per il sistema penitenziario italiano, la separazione dei condannati per reati sessuali da altri detenuti non è solo una prassi consolidata, ma un’esigenza prevista dalla normativa per garantire sicurezza, ordine e tutela della persona.
Il Regolamento penitenziario (D.P.R. 230/2000) e l’art. 14 dell’Ordinamento Penitenziario impongono infatti all’amministrazione di prevenire situazioni di pericolo, proteggere i soggetti vulnerabili e assicurare la convivenza interna.
Da qui l’uso, ormai strutturato, di destinare i “sex offenders” a sezioni dedicate o a reparti separati.

Le ragioni sono molteplici.
Prima fra tutte, la loro particolare esposizione al rischio di aggressioni: chi è condannato per violenza sessuale, pedofilia o pornografia minorile è spesso oggetto di stigma violento da parte del resto della popolazione detenuta. L L’etichetta di “molestatore o abusatore” costituisce un fattore di rischio elevato, che può sfociare in pestaggi, minacce e forme di pressione psicologica difficili da controllare persino con il potenziamento della sorveglianza.

La separazione è basata, però, anche su esigenze trattamentali.
I soggetti responsabili di reati sessuali necessitano di percorsi specifici, soprattutto di tipo psicologico-criminologico, volti alla prevenzione della recidiva.
Il regolamento consente ai direttori degli istituti di predisporre programmi mirati di rieducazione, più efficaci se svolti in contesti non conflittuali e non esposti alle dinamiche violente delle sezioni comuni.

Sotto il profilo giuridico, la segregazione non configura un trattamento differenziato punitivo, ma una misura di tutela ai sensi degli artt. 32 e 33 del Regolamento e dell’art. 27 Cost., che impone di garantire la dignità del detenuto e la finalità rieducativa della pena.
Allo stesso tempo, l’amministrazione deve evitare che la separazione si trasformi in un isolamento di fatto, assicurando lo svolgimento delle attività comuni compatibili con la sicurezza.

Resta aperto il dibattito degli operatori del settore, sul limite tra protezione e segregazione e sulla necessità di strutture più adeguate per un percorso realmente trattamentale.
La pratica delle sezioni dedicate, pur necessaria, evidenzia l’urgenza di politiche penitenziarie che non siano solo operative, ma capaci di integrare sicurezza, tutela dei diritti e strategie efficaci di reinserimento.

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