19 Dicembre 2025

Nei talk show il “raptus” è spesso chiamato in causa senza una reale cognizione

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Nei talk show il “raptus” è spesso chiamato in causa senza una reale cognizione

Nel recente provvedimento, la Corte Suprema di Cassazione ha affrontato il tema dell’esclusione di un vizio di mente, in caso di omicidio. L’art. 88 c.p. prevede che non sia imputabile chi, al momento del fatto, era in tale stato di mente, a causa di infermità mentale (o fisica), da rendere impossibile intendere o volere. L’art. 89 c.p. consente, invece, la diminuzione di pena se la capacità di intendere o volere risulta grandemente scemata.

Il termine “raptus” è spesso evocato, soprattutto dai media, per descrivere gesti violenti improvvisi, fulminei, come se l’autore avesse perduto il controllo in un lampo.
Tuttavia, la giurisprudenza consolidata distingue il semplice “raptus” da una vera “infermità mentale” ai fini dell’esclusione o riduzione dell’imputabilità.

Nel caso sottoposto al vaglio della Cassazione, l’imputato aveva commesso un omicidio aggravato, in cui la difesa aveva invocato, tra le cause di esclusione o attenuazione della responsabilità, una sorta di stato di “raptus”: un impulso incontrollabile o travolgente che avrebbe compromesso la capacità di intendere o volere.

Tuttavia, la Cassazione ha rigettato questa tesi: i giudici hanno chiarito che disturbi della personalità o alterazioni caratteriali, se non raggiungono “una consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o volere, escludendola o grandemente scemandola”, non sono sufficienti per riconoscere un vizio di mente.

Questa pronuncia rappresenta un concretissimo avvertimento alla tendenza, frequente nei media e nelle cronache, di usare “raptus” come scorciatoia colpevolista o giustificazionista:

Solo un accertamento psichiatrico serio, volto a verificare una concreta infermità mentale (o, comunque, una compromissione significativa delle capacità intellettive e volitive), giustifica l’applicazione degli artt. 88–89 c.p. Le reazioni impulsive, anche violente, restano ordinarie condotte volontarie e soggette a piena responsabilità penale.
L’attenzione si sposta su un criterio di oggettività e di verifica peritale: senza nesso eziologico e patologia accertata, prevale sempre l’imputabilità.

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