L’avvocato Simone Labonia commenta la recente sentenza del Consiglio di Stato, in merito alla gestione delle strutture ricettizie.
La citata pronuncia ha ribaltato la decisione del TAR Lazio che aveva aperto la strada al “self check-in” negli affitti brevi. Con la sentenza, il massimo organo della giustizia amministrativa ha ristabilito l’obbligo di “riconoscimento de visu” degli ospiti, ma al tempo stesso ha ammesso l’uso delle tecnologie digitali per effettuare tale verifica in tempo reale.
La sentenza prende le mosse dalla circolare del Ministero dell’Interno del 18 novembre 2024, che imponeva ai gestori di tutte le strutture ricettive, alberghi, B&B, case vacanza e locazioni brevi, di verificare fisicamente l’identità degli ospiti al momento del loro arrivo: il TAR Lazio, in una precedente sentenza (sentenza n. 10210/2025), aveva invece annullato tale circolare, ammettendo la possibilità di identificazione da remoto.
Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Ministero dell’Interno e di Federalberghi, rigettando interamente il ricorso originario del TAR. Secondo i giudici, la normativa vigente richiede ancora un accertamento “de visu” dell’ospite, condizione necessaria per dare piena efficacia al regime di segnalazione all’autorità di pubblica sicurezza, tuttavia, la Corte non nega un ruolo alle tecnologie: la sentenza specifica che l’identificazione “de visu” non necessariamente deve avvenire in presenza fisica, ma può essere svolta mediante dispositivi di videocollegamento predisposti dal gestore, “purché idonei ad accertare l’effettiva corrispondenza tra ospite e titolare del documento di identità”.
Sono quindi esclusi i meccanismi di check-in remoto, come quelli in cui il gestore acquisisce passivamente i documenti dei clienti e concede l’accesso con codici, senza alcun riscontro visivo della persona. Secondo il Consiglio di Stato, tali modalità vanificherebbero la “ratio” di sicurezza, alla base dell’identificazione personale e della successiva comunicazione all’autorità locale di pubblica sicurezza.
Alcuni gestori di affitti brevi e host evidenziano che sarà necessaria maggiore chiarezza, da parte del Viminale, per capire esattamente quali tecnologie sono ammesse e con quali requisiti tecnici: ovvero definire standard per videocitofoni, spioncini digitali o altri sistemi di videocollegamento, affinché siano “idonei” e garantiscano una verifica affidabile e immediata dell’identità.
In buona sostanza, non sarà più possibile affidarsi a sistemi completamente automatici (come cassettine con codice) per il check-in, senza alcuna verifica visiva. Gli ospiti dovranno essere “riconosciuti”, almeno tramite video, in tempo reale.
La sentenza del Consiglio di Stato è, dunque, una risposta normativa che tenta di conciliare la tutela dell’ordine pubblico con l’evoluzione digitale del settore turistico, ferma restando l’esigenza di regole chiare da parte, per definire le tecnologie ammissibili e garantire uniformità di applicazione.



