Caso Don Olindo, “Uno scoglio non può fermare il mare. Tantomeno un cancello”

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Caso Don Olindo, “Uno scoglio non può fermare il mare. Tantomeno un cancello”

In risposta alla pubblicazione su Facebook di Ferdinando Schettino che invita questo giornale ed il suo direttore a rettificare e ad assumere toni cauti per evitare possibili denunce. Chi scrive oltre a dirigere questo quotidiano ha usufruito degli scogli "di Don Olindo", fin dalla nascita ed anche in anni più recenti, ovvero dopo l’installazione di targhe e cartelli indicanti proprietà privata. Se violazione di domicilio ho compiuto sono pronto a risponderne davanti ad un giudice. Ed insieme a me – creda – dovrà denunciare una popolazione intera che ha violato quel "domicilio" e, presumo, lo continuerà a violare. Non cerco di fare leva sul sensazionalismo anche se verrebbe facile ricordare le battaglie delle donne (soprattutto) e degli uomini del quartiere della Punta che rappresentano un presidio sicuro contro chi vuole mettere cancelli in quell’area. Sarebbe facile ricordare anche il buon animo di un uomo nobile quale era Don Olindo, ricordato dalla gente del posto come benefattore, come colui che guardava ai marinari con gentilezza e signorilità, senza usare la clava della minaccia anche rispetto ad atti che la gente di un tempo compiva contro la sua estesa proprietà e verso cui, quel gentile signore, chiudeva un occhio perchè sapeva fossero dettati dalla fame. Niente di tutto questo anche se un giorno, magari davanti ad un caffè, potrò raccontarle piacevoli aneddoti che mi sono stati raccontati da testimoni diretti. Tantomeno sono intenzionato ad appellarmi ai principi sacrosanti, come quelli costituzionali, che in materia di bene pubblico hanno detto molto. Non è questa la sede per una battaglia legale. Vorrei solo dirle che questo giornale è, e per sempre sarà, da una sola parte: dalla parte della gente. Conosciamo bene il popolo di Marina di Camerota, sappiamo quanto sia legato a questi scogli ai quali ad uno per uno, negli anni, sono stati dati dei nomi, come: lo scoglio della tartaruga, à capa ru ciucciu, à piscina ed altri che ritornano alla mia mente perchè queste rocce erano il nostro parco – giochi. Sappiamo che un atteggiamento di sfida da parte di chi crede di avere dalla sua solo la ragione chiudendo, con un cancello, ad ipotesi di interlocuzione, magari offendendo l’interlocutore di turno, non rappresenta un comportamento giusto da riservare a questa meravigliosa popolazione. Ma ognuno sceglie le vie che ritiene più opportune. Probabilmente la particella interessata risulta di proprietà privata come si legge da un atto da lei presumibilmente pubblicato su facebook. Quello che interessa però non è una particella qualunque, ma quella particella. Questa infatti porta al mare. Cosa c’è dietro al comportamento di chi mette un cancello in cima a scogli che portano al mare? La volonà di chiudere un pezzo di terreno? Di preservare i fichi d’india e le stupende piante grasse che naturalmente lì risiedono? Oppure altro? Si potrebbe immaginare che qualcuno, magari non lei, o forse si, avrebbe desiderio di fare di quel mare una piscina privata? Magari con tanto di trampolino, bagnino e quant’altro. Il mio consiglio – se mi è concesso – è quello di recuperare l’animo nobile di quell’amato uomo e di comprendere questa gente che nulla vuole sottrarre alla proprietà di alcuno. Tanto non è uno scoglio che ferma il mare, tantomeno un cancello. E questa volta il mare potrebbe essere rappresentato dalla gente che da sempre lo vive come membro dello stesso corpo, parte vitale di una comunità. E chi si farebbe tagliare un braccio perchè così è scritto sopra un foglio di carta?

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