La lungimiranza

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La lungimiranza

Riceviamo e pubblichiamo integralmente:

E’ da mesi, ormai, che gli attenti analisti della situazione socio-politica che caratterizza il nostro territorio, si interrogano circa il perché di tanto abbandono, sui motivi che stanno alla base di cotanto abbruttimento e della decadenza che attanaglia il Comune di Camerota, nei vari settori della vita sociale ed economica.
Ebbene, credo che, in riferimento all’attuale momento storico di Camerota, sia giunta l’occasione per operare della mature riflessioni, a tutto tondo, circa le condizioni che ci hanno spinto verso il baratro.
Il fine è quello di procedere senza scadere nella sterile polemica tantopiù  nello strumentalismo di carattere politico, piuttosto considerare la gravità della nostra condizione di cittadini sulla base di dati e fatti acquisiti.
Il nostro amato territorio versa in una condizione di letargo ed isolamento dovuto non solo agli ultimi accadimenti di natura atmosferico-ambientale ma, soprattutto, in riferimento ad uno stato di cose, ormai  consolidato, che non riesce ad evolversi e venire fuori dalla triste realtà.
Come ho in precedenza affermato e vado ora a ribadire, il mio punto di vista e l’esposizione, quindi, del mio giudizio non sono mossi da intento di fazione o di coinvolgimento  personale, piuttosto dal reale bisogno di registrare una “conduzione della cosa pubblica” meramente approssimativa e scevra di qualsivoglia competenza inerente alla funzione.
Quello dell’attuale leadership di governo è, ormai, da considerare uno stato mentale che accomuna l’intero gruppo di maggioranza e concepisce l’amministrazione di un paese alla stregua di un commissariamento, allorquando si verificano i casi di scioglimento di consigli comunali.
In queste circostanze, infatti, il Commissario prefettizio designato svolge le ordinarie attività di routine amministrativa, stando bene attento a muovere anche una pietra, se questo significa assumere una posizione propulsiva e di responsabilità che potrebbe ripercuotersi sulla propria posizione.
Noi cittadini di Camerota possiamo alla luce dei fatti, sostenere a gran voce che il Comune di Camerota è commissariato dal giugno del 2009 fin ad oggi.
Siamo legittimati a pensare questo se solo consideriamo l’operato dei nostri amministratori in questi mesi.
Oggi, le doti e le caratteristiche della buona amministrazione consistono dapprima nella conoscenza delle attribuzioni e poi, nelle detenzione di determinate qualità, quali la lungimiranza, la competenza e l’interventismo, tra l’altro, riconosciuto dall’ordinamento.
Con buona verosimiglianza, posso affermare che, chi ci amministra non possiede queste prerogative, condizioni necessarie alla funzione di Sindaco ed assessore del Ventunesimo secolo.
Infatti, in riferimento alla faccenda “frana strada Mingardina”e successiva chiusura al traffico, c’è tanto da dire e da riflettere, ahimè, anche alla luce dell’incidente stradale che ha visto coinvolto un giovane di Marina di Camerota.
La lungimiranza, appunto, vale a dire la capacità di previsione che un primo cittadino deve possedere; egli deve prevenire i gravi pericoli che possano minacciare la vita sociale, le situazioni che possano danneggiare la vita pubblica e privata.
Lungimiranza che non si estrinseca chiudendo un’arteria principale per il Comune, fonte di collegamento vitale per il commercio e per le emergenze dei cittadini, magari avviando anche una procedura lenta ed oltremodo “rispettosa” delle pastoie burocratiche nonché dei limiti amministrativi.
Lungimiranza non significa dirottare il traffico verso un percorso molto più pericoloso quanto dispendioso per gli utenti della strada, qual è il “Ciglioto”.
Mi viene da credere che, chi ha operato queste scelte ignora totalmente le attribuzioni a sé riconosciute ex lege di cui parlavo prima.
E’ giusto sapere che un Sindaco nell’esercizio della propria funzione di Ufficiale di Governo è legittimato a porre in essere provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di fronteggiare le esigenze che non possono essere affrontate usando gli ordinari mezzi apprestati dall’ordinamento giuridico.
Quindi, un sindaco nell’ambito del Potere di Ordinanza a sé conferito, può adottare ordinanze ex art 50 e 54 del D.Lgs 267/2000 T.U. Enti Locali.
Un sindaco ha  autorità decisionale su temi riguardanti la pubblica sicurezza e l’incolumità dei cittadini, quest’ultima non si preserva chiudendo una strada per caduta massi ed indirizzando il traffico verso un’arteria di maggiore pericolo per motivi di varia natura.
Il potere di ordinanza, invece, consentiva al Sindaco di agevolare, ad esempio, un senso unico alternato di circolazione sul tratto Mingardina, da consentire almeno il passaggio dei soccorsi in caso di emergenza; non ostruendo con enormi massi l’eventuale passaggio.
Il D.L. n.92 convertito in legge n.125 del luglio 2008 ha ridisegnato le competenze del sindaco all’interno delle funzioni di competenza statale, riscrivendo lo stesso art. 54 del T.U. per conferirgli maggiori poteri di ordinanza.
Questi ultimi danno luogo a veri e propri provvedimenti che il primo cittadino può operare sia in via ordinaria che urgente.
Ne deriva che il sindaco ha il pieno riconoscimento da parte della legge a compiere importanti assunzioni di responsabilità, da far valere nell’interesse della collettività e della incolumità pubblica, quest’ultima altro non è che l’integrità fisica della popolazione…
L’integrità fisica che un giovane ha il diritto a preservare allorquando rimanga coinvolto in un terribile incidente stradale; oppure il bene dell’interesse collettivo, da tutelare sempre, e rappresentato da tanti ragazzi che tutte le mattine devono viaggiare per motivi di studio o dai pendolari che devono uscire da Marina per motivi di lavoro, senza dimenticare l’economia di un paese già messa duramente alla prova da scelte politiche sbagliate ed inadeguate. Come dicevo in apertura, ritengo che il barile sia colmo e credo che la chiusura della Mingardina debba essere letta come l’ennesima beffa nei confronti della quale, questa popolazione è costretta a misurarsi.
Il popolo deve misurarsi attraverso l’uso dell’unica arma che ha a disposizione, l’unione. Unirsi, quindi, e portare le proprie istanze nei palazzi dove esiste il potere a decidere, magari disarcionando chi procede con fare inetto ed irresponsabile.

Gennaro Ciociano

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