Una vicenda dai contorni surreali arriva da Salerno, dove una famiglia si è vista recapitare una cartella esattoriale intestata a un bambino di appena 7 anni. L’atto, notificato dall’agenzia delle entrate, contesta un presunto mancato pagamento dell’Irpef relativo all’anno 2017, periodo in cui il minore non era ancora nato.
Il padre del bambino, dopo aver inizialmente ipotizzato un errore di omonimia o un disguido formale, ha effettuato accurati controlli sulla documentazione ricevuta. Le verifiche hanno invece confermato che l’avviso di pagamento risultava correttamente intestato al figlio, con tanto di dati anagrafici completi, facendo emergere una situazione tanto paradossale quanto preoccupante.
A quel punto l’uomo si è rivolto all’Associazione Italia Roma, che ha preso in carico il caso definendolo una grave anomalia nei controlli preliminari. L’importo richiesto ammonta a 449,81 euro, cifra che, oltre a risultare incompatibile con l’età del destinatario, sarebbe anche prescritta secondo la normativa vigente.
I legali dell’associazione spiegano che un minore di sette anni non può in alcun modo essere considerato soggetto fiscalmente responsabile, né tantomeno destinatario di un avviso di accertamento tributario. L’atto, dunque, appare privo di fondamento giuridico e destinato all’annullamento in sede di ricorso.
La famiglia ha già annunciato l’intenzione di presentare formale opposizione, chiedendo chiarimenti e la cancellazione immediata della cartella. L’episodio riaccende il dibattito sulle cosiddette “cartelle pazze”, avvisi che continuano a essere recapitati nonostante errori evidenti, alimentando disagio e preoccupazione tra i cittadini.
Un caso che solleva interrogativi sulla qualità dei controlli e sull’efficacia dei sistemi di verifica prima dell’emissione degli atti, soprattutto quando a finire nel mirino del fisco sono soggetti che, per età e condizione, non potrebbero mai essere chiamati a rispondere di obblighi tributari.


