In Italia non è raro che cause civili o penali si trascinino per molti anni — a volte anche decenni — prima di una sentenza definitiva, se mai questa arriva.
Secondo gli ultimi dati disponibili, per i processi civili che arrivano fino al terzo grado di giudizio la durata media è di circa 5 anni e 10 mesi (dato 2024).
Negli anni passati la media era ancora più alta: tra il 2010 e il 2019 un procedimento civile concluso al terzo grado poteva richiedere fino a 8 anni e oltre.
Un impatto concreto su cittadini e imprese
I lunghi tempi processuali non sono un mero dato statistico: si traducono in diritti sospesi, incertezza, stress, costi aggiuntivi. Per molte persone la giustizia tardiva significa “giustizia negata”.
Un caso emblematico è quello del fallimento di un’impresa: secondo una rilevazione datata, alcune procedure di insolvenza arrivavano a durare oltre 8 anni.
Nel civile, la lentezza del sistema scoraggia privati e aziende dal far valere i propri diritti, allontanando fiducia e investimento.
Cause: perché la giustizia è così lenta
Le ragioni della “giustizia-pausa” sono molteplici e spesso sistemiche:
Squilibrio tra risorse e carichi di lavoro: secondo fonti recenti, la carenza di giudici — e di personale negli uffici — è tra le cause più critiche. Complessità procedurale e iter di giudizio multipli: specialmente nei casi penali, la possibilità di appello (spesso più di uno) allunga i tempi. Backlog storico di cause pendenti: numerose cause accumulate negli anni rendono difficile smaltire il carico. Possibili rinvii e strategie processuali: ogni rinvio o eccessivo contenzioso dilata ulteriormente la durata.
Di fatto: esempi concreti di “giustizia che tarda troppo”
Ci sono casi celebri — e meno noti — che testimoniano l’impatto devastante dei ritardi.
Un esempio storico è il Bruneri‑Canella case, noto come il caso del “Smemorato di Collegno”: un uomo scomparso in guerra che poi emerge come possibile identità diversa. Questo intricato caso legale si è protratto per quasi 40 anni. Anche procedimenti pubblici, criminali o civili, spesso vedono durate estese, complice la molteplicità di gradi e l’esito incerto: un esempio è quello di chi resta in attesa di giudizio per anni, quando non decenni — con la vita sospesa da un’udienza all’altra.
Le conseguenze su fiducia e diritto
Quando la giustizia tarda, la giustizia non è davvero giustizia: il principio che ogni cittadino ha diritto a un “giusto processo in tempi ragionevoli” — sancito da leggi nazionali e obblighi internazionali — perde di significato.
La lentezza genera non solo ansia, ma anche ingiustizie reali: risarcimenti tardivi o mai ottenuti, diritti economici in bilico, situazioni familiari sospese, trattative commerciali bloccate. Per le imprese, l’incertezza diventa un costo: investire in un paese in cui la giustizia è lenta significa assumere rischi maggiori.
Inoltre, una giustizia lenta mina la fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario e nella possibilità che lo Stato protegga i loro diritti.
Qualche segnale di cambiamento — ma la sfida resta aperta
Negli ultimi anni sono state adottate alcune riforme e misure per accelerare i processi.
Secondo un recente rapporto, la durata media dei processi civili si è ridotta di circa 2 anni rispetto ai primi anni del decennio.
Tuttavia, nonostante i progressi, i tempi restano molto più lunghi che in altri paesi europei: ad oggi — per un terzo grado di giudizio — l’Italia registra una durata media quasi doppia rispetto a paesi vicini come Francia, Spagna o Germania.
Riforme strutturali sono in corso, ma servono risorse, più personale e un cambiamento culturale per ridurre davvero la “pendenza cronica” del sistema.
Conclusione: la giustizia che attende
Una giustizia che tarda è, in molti casi, una giustizia negata. Dietro ogni fascicolo in attesa, c’è una persona — magari una famiglia, un’impresa, un cittadino — che aspetta una decisione, un risarcimento, una verità.
Ridurre drasticamente i tempi non è solo una questione tecnica, ma di diritto, fiducia, e equità sociale. In un paese moderno, con una economia e relazioni complesse, non poter garantire un processo rapido significa privare i cittadini della certezza che la legge possa davvero tutelare i loro diritti.


