Giallo Vibonati, sequestrata la villetta: la mamma torna a parlare
| di Luigi Martino
La Procura della Repubblica di Lagonegro si avvia alla conclusione delle indagini sul drammatico caso del piccolo Pietro, il neonato di nove mesi giunto in coma al pronto soccorso di Sapri lo scorso giovedì. Gli inquirenti avrebbero ormai acquisito una mole significativa di elementi utili a delineare quanto accaduto nelle ore immediatamente precedenti al ricovero. Nonostante ciò, il fascicolo resta al momento aperto contro ignoti: data la delicatezza della vicenda, sotto i riflettori dell’opinione pubblica nazionale, si attende la conferma di ogni singolo dettaglio prima di eventuali iscrizioni nel registro degli indagati.
L’unico atto ufficialmente disposto finora è il sequestro dell’abitazione in cui il bambino viveva con la madre, il compagno di lei e il fratellino maggiore. L’immobile, situato in una villetta bifamiliare al civico 41 di via del Mare, nel villaggio Le Ginestre di Villammare, è ritenuto il possibile luogo dell’evento traumatico.
Una giornata di interrogatori
Nella giornata di ieri, i carabinieri della stazione di Vibonati hanno condotto una lunga serie di interrogatori. Tra le persone ascoltate ci sarebbero la nonna paterna, il compagno della madre del bambino e la stessa madre, che avrebbe chiesto spontaneamente di essere risentita. Il colloquio si sarebbe svolto alla presenza del sostituto procuratore Grippo, titolare dell’inchiesta.
Gli inquirenti puntano a ricostruire con esattezza ciò che è accaduto in un arco temporale ristretto ma cruciale: tra le 12:30, orario in cui la donna ha prelevato il figlio maggiore all’asilo di Sapri, e le 13:15, quando è rientrata nella cittadina con il piccolo Pietro in condizioni disperate. Secondo quanto emerso, il neonato sarebbe rimasto a casa con il compagno della madre, che non è il padre biologico.
Le ipotesi cliniche e la consegna del silenzio
Il quadro clinico resta gravissimo. Pietro è attualmente ricoverato all’ospedale pediatrico Santobono di Napoli, dove è stato sottoposto a due interventi neurochirurgici d’urgenza per ridurre l’edema cerebrale causato da un violento trauma cranico. I medici hanno eseguito un’ampia decompressione con la rimozione completa della calotta cranica.
Nei giorni scorsi, prima del divieto imposto dalla magistratura a rilasciare dichiarazioni, i sanitari avevano parlato apertamente di un possibile caso di “sindrome da scuotimento”, anche in considerazione della presenza di emorragie retiniche, trombosi venose cerebrali e lesioni cervicali. Le fratture alle costole e al femore, invece, sembrerebbero risalire a episodi traumatici precedenti, che non risultano compatibili con un singolo evento.
Troppe voci, poche certezze
L’assenza di bollettini medici ufficiali ha favorito la diffusione di informazioni infondate, alimentando confusione e allarmismo. Si è parlato, senza conferme, di un peggioramento delle condizioni del bambino e persino dell’avvio di procedure per la donazione degli organi. In realtà, la situazione clinica sarebbe invariata rispetto ai giorni precedenti: il piccolo è stabile, seppur in condizioni critiche, e sotto costante monitoraggio.
Secondo quanto riferito da ambienti ospedalieri, i prossimi giorni rappresentano uno snodo cruciale. A circa una settimana dall’insorgenza dell’edema cerebrale, si attendono segnali di un possibile riassorbimento. I medici non escludono completamente un esito favorevole, facendo leva sulla resilienza cerebrale dei neonati, dotati di una maggiore plasticità neuronale.
Intanto, la comunità di Vibonati si stringe in silenziosa preghiera: per oggi, alle ore 19, è stata annunciata una Santa Messa dedicata a Pietro. Ma per chi indaga, il tempo della fede deve procedere di pari passo con quello della verità.
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