Inchiesta Kamaraton, motivazioni sentenza: «Sistema clientelare per favorire interessi personali»
| di Luigi Martino
Sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza riguardante il processo “Kamaraton”, che ha visto coinvolti l’ex sindaco di Camerota, Antonio Romano, e diversi componenti della sua amministrazione, tra cui assessori, consiglieri e funzionari comunali. Il documento, lungo 257 pagine, traccia un quadro dettagliato di una gestione amministrativa definita dai giudici «para-privatistica», orientata sistematicamente alla «soddisfazione di interessi privati a scapito di quelli pubblici».
Secondo la sentenza, l’amministrazione guidata da Romano «avrebbe agito secondo logiche clientelari, stabilendo un rapporto diretto e utilitaristico con l’elettorato, in cui le risorse pubbliche venivano utilizzate per favorire soggetti vicini politicamente e ottenere in cambio sostegno elettorale». Al centro dell’inchiesta «l’utilizzo distorto di fondi comunali e l’affidamento diretto di lavori e incarichi, in particolare attraverso società partecipate».
Tra i casi emblematici, «l’uso delle società “La Calanca s.r.l.” e “Marina Leon di Caprera s.r.l.”», definite nella sentenza come «bancomat per premiare fedelissimi dell’amministrazione o sostenere persone legate a singoli amministratori». Gli atti riportano episodi in cui «componenti della giunta minacciavano di ritirare il sostegno politico se non venivano soddisfatte le proprie richieste».
In particolare, viene citato l’ex assessore Rosario Abbate, «il quale avrebbe più volte preteso affidamenti nel settore cimiteriale per mantenere il proprio appoggio politico». Un altro episodio riguarda Michele Del Duca, ex assessore, accusato di «aver fatto assegnare lavori per 50mila euro a un imprenditore nonostante l’assenza del Durc, in cambio del mantenimento della sua posizione».
Nel dispositivo, i giudici parlano di «sistema clientelare consolidato» e di una «miniera di commenti» emersa dalle intercettazioni, ritenute ammissibili e rilevanti. La Corte ha inoltre evidenziato un linguaggio definito «privo di inibizioni», che dimostrerebbe «piena consapevolezza della gravità delle condotte poste in essere».
Oltre all’ex sindaco Romano, condannato a 13 anni e 12 mesi, risultano coinvolti altri amministratori, tra cui assessori e funzionari dell’ente. Il gruppo era secondo l’accusa «compatto nel perseguire finalità estranee all’interesse pubblico, tra favoritismi, affidamenti diretti e gestione privatistica della macchina comunale».
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