Intervista a Francesco Amoruso, in finale al premio «Botteghe d’autore» l’8 agosto ad Albanella

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Intervista a Francesco Amoruso, in finale al premio «Botteghe d’autore» l’8 agosto ad Albanella

«Laureato in Lettere Moderne, scrivo, canto e, su commissione, ti faccio pure un “tip tap”»; e, ancora, «cantautore quando tiene genio, sennò scribacchino»: così si descrive Francesco Amoruso, scrittore e cantautore in finale al premio «Botteghe d’autore» di Albanella l’8 agosto. L’abbiamo intervistato.

D: Ciao, Francesco! Prima di tutto presentati ai nostri lettori!

R: Salve, mi chiamo Francesco Amoruso, ho 29 anni, sono un cantautore, scrittore, laureando in filologia moderna. Tre elementi importanti per me nel senso che, tutto ciò che ha a che fare con l’arte passa attraverso le parole, la loro disposizione, il senso che hanno e che possono dare. Scrivo racconti, ho pubblicato un romanzo nel 2010 dal titolo «Il ciclo della vita» (Statale 11), nel 2014 è uscito il mio primo album «Il gallo canterino» (Illimitarte) e, di recente – sebbene il lancio ufficiale sarà a settembre – una piccola raccolta di racconti «Mangiando il fegato di Bukowski a Posillipo» (La Bottega delle Parole), a dimostrazione che, per me, le parole contano tanto, sia sulla carta sia in mezzo alle note. 

D: Se dovessi definire la tua musica che parole useresti?

R: «Cantautorale», nel senso che cerco di attraversare diverse tipologie di scrittura e musicale. Non saprei altrimenti definire ciò che faccio. Folk? Pop? Rap? Poetry?

D: Hai passato le selezioni del premio Botteghe d’autore, arrivando in finale: parlaci di questa esperienza.

R: Il concorso l’ho conosciuto attraverso il mio maestro di canto, Aldo Granese, che vinse, qualche tempo fa, il premio per il miglior testo. Era da un po’ che volevo parteciparvi. 

D: Parlaci del brano che porterai in finale a Botteghe.

R: «L’era dei CD invenduti (Essere Normale)» è un brano d’amore inserito nei giorni nostri. In un’epoca in cui la modernità schiaccia i valori veri, riducendo il tutto a quanto si guadagna, alla quantità, e mai alla qualità, a ciò che rende davvero felici, l’amore, le relazioni, rischiano di bruciarsi. Amare significa anche sacrificio e non di se stessi. Come nella vita, tutto ciò che si ama e si desidera ardentemente va raggiunto con passione, amore, desiderio ma anche tanto sacrificio. Le relazioni non sono semplici, gli umani in generale non lo so. «L’era dei CD invenduti» racconta questo: amarsi, cercando il proprio angolo di felicità, nella normalità dei sentimenti, fatti di alti e bassi e, ciononostante, esserci. 

D: Cosa dobbiamo aspettarci dalla tua performance live?

R: Mi accompagnerà, alla chitarra, il maestro Raffaele Cardone che ha prodotto il brano che, di fatto, è uscito lo scorso 20 maggio. Sarà una performance, spero, molto intimistica: due chitarre e una voce, per cercare di riproporre sul palco l’atmosfera romantica del brano.

D: Progetti attuali e futuri?

R: Attualmente lavoriamo alla promozione della raccolta «Mangiando il fegato di Bukowski a Posillipo», poi mi manca un esame alla laurea specialistica e la registrazione di nuovi brani che dovrebbero confluire nel secondo disco. 

D: Saluta i nostri lettori!

R: Innanzitutto, grazie per aver dedicato del tempo a leggere le mie parole, le mie riflessioni e, spero, possiate venirci a seguire durante il festival oltre che sui canali social e Youtube. A presto!

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