La rivolta di Sapri nel libro di Maldonato: «Memoria storica, l’eterna ‘terra sospesa’ che fa tremare i polsi del potere»

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La rivolta di Sapri nel libro di Maldonato: «Memoria storica, l’eterna ‘terra sospesa’ che fa tremare i polsi del potere»

Di Rossella Cantisani

Riprendo la lettura di ‘Rivolta di Sapri’ dopo quasi quarant’anni, alternando le vicende narrate ai ricordi di quell’estate formidabile. ‘Formidabile’ nel significato di ‘temibile’, così come temibile è ogni rivolta in cui migliaia di persone consapevoli scendono in piazza per la giusta pretesa di un diritto negato.

Quella stagione formidabile ebbe come protagonista assoluta, la politica. Tutto era riconducibile ad essa: in casa, per strada, a scuola, negli uffici, in fabbrica, ovunque tutti parlavano di politica. Nel comune disagio, finalmente ci si ritrovava. Assemblea e collettivo, comunita’, comitato e condivisione erano i termini più utilizzati, oggi pressochè ignorati, desueti.  I fatti di ‘Rivolta’ sono noti: la mancata apertura dell’ospedale di Sapri aveva suscitato una grande indignazione e la conseguente rivolta dell’intera cittadinanza, che scese in piazza, occupando la stazione ferroviaria, dividendo l’Italia in due e affrontando giorno dopo giorno, la risposta delle istituzioni e della politica stessa.

Il libro di Franco Maldonato racconta in forma di diario una parte di quella stagione, in questa parte d’Italia, l’eterna ‘terra sospesa’ che ogni tanto si solleva fino a far tremare i polsi del potere costituito. La storia insegna e si ripete. Definire però questo libro come diario è riduttivo: esso è, a mio avviso, un saggio storico-politico-sociale.

Lo stile narrativo è fluido, rapido, i contenuti rivelano i ‘protagonisti’, lasciando che ognuno appaia com’è, lasciando intravedere come sarà. Sarà…che dopo quarant’anni, quella solidarietà civile è stata sostituita dall’individualismo, dalla sfiducia e dalla rassegnazione passiva ai poteri forti, gli stessi che gestirono ‘l’affare ospedale’. 

Altre rivolte, in quegli stessi anni, finirono affogate nei gironi del potere: Battipaglia, Eboli, Avola, sono alcuni esempi. A Reggio Calabria, ci fu una lotta stato-regione, durata mesi, sedata nell’istante in cui è annunciato un grosso investimento di migliaia di posti di lavoro nel quinto polo siderurgico d’Italia che sarebbe sorto proprio in provincia di Reggio. Furono anni di grande tensione, in cui si ebbe la partecipazione attiva di tantissimi giovani accanto ai lavoratori, in ogni sciopero, in ogni rivolta, da nord a sud del paese,infervorati dalla grande rivoluzione culturale operata dai movimenti studenteschi nel ’68. Erano giovani con grandi ideali, molti di loro formarono gruppi extraparlamentari (di destra e di sinistra), aventi il comune progetto di contrastare la politica politicante con l’utopia della democrazia diretta e del coinvolgimento delle masse. 

A molti di quei giovani mancò però un programma per sovvertire l’egemonia dei grandi blocchi di destra e di sinistra, che finirono poi per attrarli al loro interno. La maggior parte di quelle persone rimase distante, disaffezionandosi alla politica, incrementando sempre più il ‘partito del non voto’, altri si adattarono alla nuova situazione, definendo ‘entrismo’ la loro scelta di partito e giustificando così il loro nuovo percorso. Altri si avvicinarono alla lotta armata, alla clandestinità, al terrorismo, in un’Italia sempre più scossa da stragi e scioperi, cortei lunghissimi, spesso accompagnati dalle canzoni di quei cantautori politicamente impegnati: dove sarà ‘il compagno di scuola, si sarà salvato dal fumo delle barricate?’   Chi finì avvolto in quel fumo, non ebbe possibilità possibilità di ritorno.

E’ in quegli anni che il ruolo della politica subì la prima crisi di legittimità, essendo diventata altra rispetto a come la Costituzione l’aveva immaginata, ovvero il mezzo per cambiare la società, per renderla migliore. Invece, diviene schiava del potere, rinunciando ad essere quello strumento attraverso il quale, le persone avrebbero potuto organizzarsi per far valere la loro parola. E fu così che la crisi della politica generò il disincanto, la totale disaffezione, l’allontanamento dei giovani.

La rivolta di Sapri è pertanto un formidabile esempio di disobbedienza civile, non un episodio di ribellismo anarcoide, come pure qualcuno scrisse. Di fronte al divario tra bisogni reali e distanza delle istituzioni, nonostante l’avvento delle regioni (1970) che avrebbe dovuto mediare tale distanza, il popolo reagirà con la più totale sfiducia, fino a compiere atti di illegalità, come l’occupazione dei binari.

Ma l’illegalità come mezzo per affermare un diritto, viene ‘perdonata’ dall’indulto promulgato dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini, il quale includerà nell’amnistia tutti i reati commessi dai manifestanti sapresi, un gesto di clemenza mai concesso prima di allora. Dimostrazione che a volte il valore fondante di una civiltà non è la legalità ma la giustizia.

Gli studenti intervenuti al convegno per la presentazione della terza edizione di ‘Rivolta’, hanno  partecipato con grandissimo interesse, formulando le loro domande all’autore, l’avvocato Franco Maldonato, studente anch’egli ai tempi di ‘Rivolta’, impegnato sia come cronista di ‘Roma’, diretto magistralmente da Antonio Spinosa, sia come attivista: prima della rivolta di Sapri, assieme a un gruppo di studenti, da Palinuro a Sapri, raccolse ben diecimila firme per sollecitare l’apertura dell’ospedale ai politici della Regione. Nonostante il risultato notevole, non accadde nulla. Bisognerà attendere fino al giorno in cui il carisma di don Giovanni Iantorno propiziò la costituzione di un ‘comitato di lotta’ rendendo indifferibile la rivolta che ebbe come leader un sacerdote formidabile. Don Giovanni seppe educare molti giovani di allora alla cittadinanza attiva quotidiana, dalle messe comunitarie all’impegno costante. Il rifiuto a far nascere e a far resuscitare Gesù  in una comunità dove è negato il diritto alla salute, fu il gesto estremo che contribuì alla preparazione progressiva delle coscienze, fino a giungere alla protesta più clamorosa.

I ragazzi restano colpiti dall’impegno di don Giovanni e chiedono, infine: che effetto ebbe la rivolta? 

Certo l’apertura dell’ospedale, con tutte le problematiche note. Il comitato estese la protesta anche alla mancata attuazione del  piano regolatore generale, che  venne attuato, con tutte le problematiche derivanti dalle scelte scellerate sul territorio, come quella di realizzare il porto scegliendo il sito opposto a quello scelto dai Romani!  

A quarant’anni di distanza, possiamo affermare che la rivolta fu uno schiaffo salutare al personale politico che, a partire da quell’evento, cambiò registro, almeno per poco.

La rivolta di Sapri, nella sua terza edizione, fortemente voluta dall’editore Nunziante Mastrolia, è il volume di apertura della prestigiosa collana ‘Memorie del Mediterraneo, ed è, a distanza di quarant’anni, una lettura essenziale e importantissima. Nella bella e sentita presentazione che fece Giovanni Spadolini, è contenuta l’importanza assoluta del valore civile della memoria storica, senza la quale ogni comunità rinuncia alla propria identità culturale e civile: ‘un invito a non dimenticare’…..
Rossella Cantisani

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