28 Novembre 2025

L’Intelligenza Artificiale che “riporta in vita” i defunti apre un nuovo fronte etico

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L’Intelligenza Artificiale che “riporta in vita” i defunti apre un nuovo fronte etico

L’Intelligenza Artificiale fa un nuovo balzo in avanti – e questa volta il terreno che tocca è tra i più delicati: il rapporto tra tecnologia, lutto ed elaborazione emotiva. A lanciare l’allarme è lo psicologo ed esperto di IA Luca Bernardelli, che in un recente intervento su LinkedIn ha analizzato la crescita dei servizi capaci di ricreare digitalmente persone scomparse.

Da qualche anno, infatti, esistono piattaforme che utilizzano l’IA generativa per ricostruire avatar video e vocali di individui deceduti. Ma oggi, sottolinea Bernardelli, è arrivato un salto di qualità significativo: bastano pochi minuti di video pubblicati online perché strumenti come 2wai siano in grado di generare simulazioni estremamente realistiche di volti, voci, movimenti e persino conversazioni personalizzate.

Una novità che, pur impressionante dal punto di vista tecnologico, solleva interrogativi etici profondi. Primo fra tutti, quello del consenso: la persona scomparsa avrebbe voluto essere ricreata digitalmente? Una domanda non secondaria in un’epoca in cui tracce audiovisive vengono diffuse con grande facilità e spesso senza consapevolezza delle future implicazioni.

C’è poi il tema psicologico. Nelle fasi di elaborazione del lutto, osserva Bernardelli, ciò di cui si ha bisogno è un percorso di supporto emotivo e terapeutico, non la simulazione meta-umana di chi non c’è più. Il rischio è che questi avatar finiscano per sovrapporsi al processo naturale di accettazione della perdita, generando nuovi livelli di dipendenza emotiva o disorientamento.

Infine, si apre una riflessione più ampia: stiamo lentamente normalizzando l’idea che anche gli affetti, le relazioni più intime e le memorie personali possano essere “sostituite” da sistemi artificiali? Questa confusione etica, afferma Bernardelli, è uno dei segnali più evidenti della crisi di salute mentale che sta colpendo le giovani generazioni, strette tra tecnologie sempre più potenti e strumenti emotivi spesso insufficienti a comprenderne la portata.

Il punto, conclude lo psicologo, non è fermare l’innovazione – impresa impossibile – ma orientarla. La sfida dei prossimi anni sarà sviluppare tecnologie realmente rispettose dell’essere umano e del suo percorso emotivo, capaci di arricchire relazioni, apprendimento e percorsi terapeutici senza amplificare ulteriormente vulnerabilità e fragilità. Un equilibrio sottile, ma imprescindibile.

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