Nuovo processo per il torturatore Jorge Troccoli nel caso ‘desaparecidos’
| di Maurizio Troccoli
Membre del plan Condor l’accordo tra i servizi segreti delle dittature latinoamericane per annientare gli oppositori politici. Attesa nuova sentenza per lui dopo l’ergastolo
Non ha chiesto scusa per quello che ha fatto, «ma per tutto quello che è successo in quegli anni», così il noto Jorge Troccoli, è stato ascoltato nell’ambito di un nuovo processo, da ergastolano. Interrogatorio di oltre 6 ore, lo scorso 4 aprile per il noto torturatore Jorge Troccoli, catturato in Italia nel 2007 poi definitivamente condannato nel 2021 al carcere a vita, per gli omicidi e le torture perpetrate ai danni di oppositori politici, molti dei quali desaparecidos, negli anni delle dittature, nel cono sud dell’America Latina.
Il Cilento conosce Jorge Troccoli perché grazie ai suoi antenati riuscì a trovare rifugio a Marina di Camerota quando ormai si sentiva braccato in Uruguay. Qui visse per diversi anni, inserendosi nella comunità locale. Fu prima arrestato a Roma poi vicende burocratiche e giudiziarie ne decretarono la liberazione in attesa della sentenza. Un processo per gravi crimini l’ha visto finire in carcere con la pena dell’ergastolo nel 2021 Insieme a 23 militari uruguaiani, cileni, boliviani e peruviani per l’uccisione di 43 persone di origine italiana.
Questa volta è stato invece ascoltato per un altro processo che andrà a sentenza di primo grado probabilmente il prossimo autunno e che lo vede imputato imputato per l’omicidio di tre attivisti Rafaela Giuliana Filippazzi, di nazionalità italiana, Augustin Potenza ed Elena Quinteros. I resti dei primi due sono stati trovati ad Asuncion, in Paraguay nel 2013, mentre il corpo di Quinteros non è mai stato trovato. Ma negli archivi del Fusna, il corpo della marina uruguaiana di cui Troccoli ha avuto il comando, sono venute alla luce le schede che testimoniano il loro passaggio nella struttura della morte.
Elena Quinteros era una maestra uruguaiana, militante del Partito per la vittoria del popolo, creato in argentina da esuli uruguaiani. Era attiva e faceva da collegamento tra membri del partito da uno stato all’altro. Il 24 giugno del 1976 fu sequestrata dalla sua abitazione e nel tentativo poi di liberarsi finse di portare le guardie a un appuntamento con un importante compagno di lotta e nel tragitto provò a infilarsi nel giardino dell’ambasciata venezuelana per chiedere asilo politico, ma non ci riuscì, infatti fu ricatturata con ala forza. I coniugi Ragaela Giuliana Filippazze e Augustin Potenza furono presi il maggio successivo e portati in una prigione del Fusna, per poi essere imparati su un aereo diretto ad Asuncion dove saranno uccisi.
Jorge Troccoli, ex ufficiale uruguaiano nato nel 1947 a Montevideo, è stato una figura chiave nei meccanismi repressivi della dittatura militare uruguaiana. A capo della sezione informativa del Fusna, il reparto di intelligence della Marina, è stato accusato di aver partecipato direttamente alla cattura, tortura e scomparsa di decine di oppositori politici negli anni Settanta. Le azioni di Troccoli si inseriscono nel contesto del Piano Condor, un’alleanza tra i servizi segreti di varie dittature sudamericane – Argentina, Cile, Brasile, Paraguay, Uruguay e Bolivia – che cooperavano per eliminare il dissenso politico e mantenere il controllo repressivo nella regione. Questo piano fu sostenuto logisticamente anche dagli Stati Uniti nel pieno della Guerra Fredda.
Il meccanismo prevedeva il coordinamento delle polizie e delle intelligence per localizzare, arrestare e uccidere dissidenti che si rifugiavano nei Paesi vicini. Le operazioni si svolgevano con efficienza militare, nella più completa impunità. In Uruguay, il Fusna rappresentava uno degli strumenti più spietati di questa macchina repressiva. Troccoli, secondo testimonianze e documenti, non si limitava a raccogliere informazioni: avrebbe preso parte attiva ad arresti e interrogatori violenti, coordinando operazioni che portarono alla sparizione di molte persone.
Dopo la fine della dittatura, nel 1986 l’Uruguay approvò una legge di amnistia che impedì l’avvio di procedimenti penali contro molti dei responsabili di quei crimini. Troccoli approfittò della sua doppia cittadinanza italiana per rifugiarsi in Italia. Stabilitosi a lungo a Marina di Camerota, visse indisturbato per anni, integrandosi nella comunità locale.
Nel 2007, la giustizia italiana ha avviato il primo grande processo internazionale sui crimini del Piano Condor. Troccoli fu tra i principali imputati. Grazie alla cittadinanza italiana, non fu estradato, ma nel 2019 venne arrestato e incarcerato.
Durante le udienze, Troccoli ha sempre respinto le accuse più gravi, sostenendo di aver svolto solo compiti di analisi e di raccolta dati. Tuttavia, le testimonianze e i documenti lo indicano come figura operativa di rilievo nelle attività del Fusna. Secondo i giudici italiani, non era solo un esecutore, ma un comandante con responsabilità dirette.
Le vittime e i loro familiari chiedono giustizia da decenni. Alcuni sono venuti dall’Uruguay per assistere al processo e raccontare le loro storie.
I legali delle famiglie hanno chiesto che Troccoli resti in carcere per evitare il rischio di fuga, temendo che possa nuovamente sottrarsi alla giustizia.
Il processo a Troccoli rappresenta un passo importante nella lotta contro l’impunità per i crimini delle dittature sudamericane. È anche il primo caso in cui un tribunale europeo ha riconosciuto ufficialmente l’esistenza del Piano Condor come organizzazione criminale internazionale, e ha condannato alcuni dei suoi esecutori.
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