Pisciotta, a I concerti del lunedì il duo Morretta-De Santo

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Pisciotta, a I concerti del lunedì il duo Morretta-De Santo

Secondo appuntamento per “I concerti del Lunedì”, rassegna organizzata dal Comune di Pisciotta, con la direzione artistica del Maestro Mauro Navarra e l’organizzazione dell’Associazione “Artisti Cilentani Associati”, con il patrocinio della Regione Campania, del Ministero della Cultura, finanziato dall’Unione Europea NextGeneration.EU. Lunedì 17 luglio la Piazzetta Pagano di Pisciotta dopo il concerto celebrativo dedicato Maria Callas nel centenario ed Enrico Caruso, sarà il Breath Music Duo, composto dal clarinettista Sabato Morretta e dalla pianista Stefania De Santo. In programma un vero tour intorno al mondo. La serata inizierà con La Primavera dalle Stagioni dei Vespri Siciliani di Giuseppe Verdi, il secondo brano dei ballabili del III atto dell’ Opera, che rispecchia in pieno i segno di Verdi, trascinante come una sinfonia, con il grande assolo affidato al clarinetto, che apre il grande affresco musicale. 

Si passerà, quindi, ai “canti dell’osteria” di Vittorio Monti, con la Czárdás, scritta nel 1904, basata sulla danza popolare e genere musicale ungherese, suonata da tutte le orchestre gitane, tanto da sembrare più autentica di quelle autentiche, prima di attaccare la celeberrima sonata di Francis Poulenc. Con questo compositore, si tocca forse la vetta creativa del mondo dei “six” in considerazione della grande raffinatezza di scrittura di questo autore, della sua affascinante ambivalenza fra l’esegeta di cameristi lievi ed intriganti e quella dell’ autore intenso ed ispirato, due anime che guardano forse più al Ravel ascoltato in precedenza, che a Satie, ma che bene accolgono e riesprimono un particolare “neoclassicismo”. Forme ben tornite, disegni chiari, grande senso lirico modellano il camerismo di Poulenc dove la matura “Sonata” per clarinetto e pianoforte – composta nel 1962, anno che precede la morte – è un estremo omaggio ai suoi ambiti strumentali più amati: il pianoforte e i fiati. Una composizione questa, che inizia con un guizzo esecutivo poi orientato a lirismi di diverso respiro. Né mancano aspetti dove l’espressione diventa misteriosa migrando spesso da zone oscure a più luminose anche in ragione di repentini cambi di relazione maggiore-minore. La parte centrale si distilla in un percorso rarefatto, nutrito si semplicità dei movimenti accordali del pianoforte e di sommessa, quanto suggestiva espressione melica del clarinetto dando forte connotazione, in realtà, a tutta l’opera anche e nonostante la vividezza quasi circense dell’ultimo tempo. Con Astor Piazzolla, che sta al tango come Miles Davis sta al jazz, nasce il tango moderno. Il suo genio è il primo a sperimentare vie musicali nuove, il tango con il jazz, con altri impasti sonori, altri strumenti e armonie. Ci addentreremo nel mondo sonoro di Piazzolla con il Breath Music Duo, che eseguirà tre gemme del grande argentino, il lento, dolcissimo, a tratti struggente Oblivion, che Piazzolla scrisse nel 1984, per la colonna sonora del film Enrico IV, di Marco Bellocchio, Libertango, simbolo ossessivo di quel popolo che si era messo finalmente in moto, in “viaggio”, con la sua musica, il suo simbolo, il mito del tango che allora ri-nasceva e Street Tango, segnato da momenti regolarmente in bilico – dato caratterizzante della musica argentina – fra un lirismo allentato e dolente, talora fino alla rarefazione, e picchi di alta drammaticità e forza penetrativa. Il duo eseguirà un altro Tango, stavolta di Isaac Albeniz, in Re Minore, tratto dalla Suite Espana op.165, una pagina lenta, romantica, elegantemente sensuale. Portrait di Michele Mangani con Pagina d’Album e tre danze latine, dalla fresca e creativa invenzione, Contradanza, Vals Criollo e Chorinho, volto quest’ultimo alle tradizioni musicali brasiliane. Nell’eterna disputa sulla collocazione di George Gershwin – jazz? Musica colta? Musica leggera? -, i contendenti appaiono spesso maneggiare categorie astratte. Per l’uomo della strada, la musica di Gershwin è “jazz”. I jazzisti, a sentirlo dire, sghignazzano: Gershwin scrisse molte canzoni su cui è stimolante improvvisare, ma non fu un jazzman, non ne aveva i titoli tecnico-formali. In ambiente colto, si preferisce dire che Gershwin operò la sintesi del jazz con la musica colta. In effetti, la sua opera fu una riflessione sulle contraddizioni di un’epoca in cui la cultura scritta cominciava a sentirsi assediata e accerchiata dalle culture orali di tutto il mondo. Ma pensare che esistano il problema e la soluzione è assurdo. Il duo ci proporrà il tema della nostalgia, quel tema blues da “An American in Paris” che Gershwin affida alla tromba solista, nuda, introdotta dal solo del violino. Finale con l’omaggio di Vincenzo Correnti al clarinettista Henghel Gualdi con “For You”, note semplici, bel suono, e le inimitabili variazioni swing.

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