Processo Vassallo, Dario: «Da oggi valanga verità di cose rimaste segrete. L’Arma? Rispetto»

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Processo Vassallo, Dario: «Da oggi valanga verità di cose rimaste segrete. L’Arma? Rispetto»

Si apre oggi, presso la cittadella giudiziaria di Salerno, il processo per l’omicidio di Angelo Vassallo, il “sindaco pescatore” di Pollica ucciso il 5 settembre 2010 con nove colpi di pistola mentre rientrava a casa. A distanza di quindici anni da quel delitto, che scosse l’Italia intera, sono quattro gli imputati chiamati a rispondere davanti ai giudici: il tenente colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, l’ex brigadiere Lazzaro Cioffi, il pregiudicato Romolo Ridosso e l’imprenditore Giuseppe Cipriano.

Un processo atteso da anni, che rappresenta non solo un passaggio giudiziario, ma anche un momento di verità e di riscatto per un’intera comunità. A sottolinearlo è Dario Vassallo, fratello di Angelo e presidente della Fondazione Vassallo, che da oltre un decennio si batte per la ricerca della verità.

«Non è importante solo per noi familiari – ha dichiarato – ma per l’Italia. Perché chi ha ucciso Angelo non ha colpito soltanto un uomo, ha colpito lo Stato. Da questo processo potrebbe emergere una valanga di verità finora rimaste nei cassetti della procura antimafia di Salerno».

Dario Vassallo ha poi lanciato un appello all’arma dei carabinieri, chiedendo che si costituisca parte civile nel processo: «L’Arma merita il massimo rispetto. Se oggi siamo qui è anche grazie al lavoro dei reparti speciali dei carabinieri. Ma proprio per questo non possiamo permettere che l’onore dell’istituzione venga infangato da chi, tra le sue fila, ha tradito la divisa».

Un riferimento diretto ad alcune intercettazioni emerse nelle indagini, in cui veniva definito Angelo Vassallo come un “capo cosca”. Parole che, secondo il fratello, avrebbero potuto ribaltare la memoria del sindaco ucciso: «Se non avessimo resistito e combattuto, saremmo passati per camorristi. Ma noi abbiamo dimostrato che Angelo era un sindaco, un cittadino che serviva la sua comunità, e che è stato assassinato per la sua onestà».

Con tenacia e determinazione, la Fondazione Vassallo ha contribuito a portare sul banco degli imputati figure insospettabili. «Nessuno avrebbe scommesso neanche cinque centesimi che un giorno ci saremmo trovati in un’aula di tribunale con questi nomi. E invece oggi ci siamo, e il nostro impegno non è stato vano».

Il processo che si apre a Salerno segna una tappa fondamentale nella lunga ricerca di giustizia per il “sindaco pescatore”. Un caso che, per la sua portata simbolica, va oltre i confini del Cilento e diventa patrimonio di una nazione intera.

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