13 Dicembre 2025

Revenge porn: una normativa severa ma ancora insufficiente. Come si può intervenire?

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Revenge porn: una normativa severa ma ancora insufficiente. Come si può intervenire?

L’argomento è attuale e delicatissimo, per tutti i risvolti di carattere penale e sociale che produce: ce lo illustra il commento dell’avvocato Simone Labonia.

Il fenomeno del cosiddetto revenge porn, la diffusione non consensuale di immagini o video sessualmente espliciti, è oggi uno dei reati digitali più insidiosi e più difficili da contrastare.
La normativa italiana, introdotta con l’art. 612-ter c.p. nel 2019 e più volte ritoccata, ha rappresentato una svolta importante, ma continua a mostrare limiti strutturali che la pratica giudiziaria evidenzia con crescente frequenza.

La legge punisce chi diffonde contenuti intimi senza consenso, prevedendo aggravanti quando l’autore è un partner o ex partner, quando la vittima è fragile o quando la diffusione avviene tramite strumenti informatici.
È un impianto severo, che riconosce finalmente la natura “esplosiva” del danno digitale: un “file” condiviso può diventare irreversibile in pochi secondi, con effetti devastanti sulla vita della vittima.

Tuttavia, la rigidità normativa non sempre si traduce in efficacia. In molti casi, il vero ostacolo non è la pena, ma la tracciabilità del contenuto e la tempestività dell’intervento.
Se il materiale è già stato condiviso in gruppi privati o piattaforme straniere, anche un’ordinanza del giudice può rivelarsi inutile: ciò che entra nella rete vi rimane spesso per sempre. Da qui il dibattito sulla necessità di percorsi di cooperazione internazionale più rapidi e protocolli di rimozione obbligatori per i gestori delle piattaforme.

Altro nodo critico è la prova del consenso. Molti procedimenti ruotano attorno alla difficoltà di dimostrare se la vittima avesse autorizzato la condivisione a una cerchia ristretta e se l’autore abbia superato consapevolmente quella soglia. È un terreno dove diritto, tecnologia e psicologia si intersecano, rendendo la valutazione dei giudici complessa e spesso contestata.

Nonostante ciò, la normativa sul revenge porn ha avuto un forte valore simbolico e culturale: ha riconosciuto che la violenza può essere agita anche attraverso un file, un post, un gruppo Telegram.
Resta però la sensazione che il legislatore debba compiere un ulteriore passo, puntando non solo sulla repressione, ma anche su prevenzione digitale, educazione affettiva e strumenti tecnici più efficaci per fermare la circolazione dei contenuti.

In definitiva, una legge necessaria e preziosa, ma non ancora sufficiente a fronteggiare un fenomeno rapido, globale e mutevole come la violenza digitale.

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