La rabbia e il dolore di Pietro, il proprietario di Napoleone, il pastore maremmano ucciso a colpi di fucile nelle campagne di Torchiara, non si placano. Dopo lo sdegno e la commozione che la vicenda ha suscitato in tutto il Cilento, l’uomo ora chiede giustizia: vuole che venga trovato e punito chi ha messo fine alla vita del suo cane, fedele compagno e guardiano del gregge.
Le indagini proseguono a ritmo serrato. L’obiettivo è individuare eventuali movimenti sospetti nella notte tra domenica e lunedì, quando ignoti si sarebbero introdotti nella proprietà privata e avrebbero sparato a Napoleone, colpendolo mortalmente al petto.
Gli investigatori non escludono alcune piste, tra cui quella di un gesto deliberato da parte di qualcuno che conosceva l’area. Nessun segno di effrazione né furti: solo l’animale colpito, un atto che fa pensare a un’azione mirata.
Pietro, intanto, continua a lanciare appelli attraverso i social: «Napoleone non era un cane, era parte della nostra famiglia. Voglio sapere chi ha avuto il coraggio di fare una cosa simile. Non cerco vendetta, ma giustizia».
La vicenda ha toccato profondamente la comunità di Torchiara e dei paesi limitrofi. Molti cittadini hanno espresso solidarietà all’allevatore e chiesto tolleranza zero contro chi maltratta o uccide gli animali.
Secondo la legge italiana, chi uccide un animale per crudeltà o senza necessità rischia fino a tre anni di carcere e 30mila euro di multa. Un reato grave, che in questo caso ha colpito non solo un essere vivente, ma anche un simbolo di legame e fiducia tra uomo e natura.
Gli inquirenti restano al lavoro. Pietro, invece, ha già fatto sapere che non si fermerà finché il colpevole non sarà individuato: «Non voglio che la morte di Napoleone resti impunita. Voglio che serva da monito per chi crede che la vita di un animale valga meno di nulla».


