Un italo-francese con l’Africa in testa: intervista a Sandro Joyeux

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Un italo-francese con l’Africa in testa: intervista a Sandro Joyeux

Si esibirà oggi alle ore 23:00 presso l’uliveto Tosone a Rofrano, in occasione di MutArte, Sandrò, come lo chiamano i suoi fans italiani.

L’abbiamo intervistato.

D: Mi ha colpita, ed entusiasmata, la notizia che nel 2000 hai partecipato, da artista di strada, all’occupazione dell’ Università Orientale di Napoli vivendo a Spaccanapoli con gli studenti fuori sede. Raccontaci un po’ di quest’esperienza.
R: Sono arrivato un po’ per caso a Napoli, era un periodo in cui seguivo il senso del vento. Il primo posto a Napoli fu l’ufficio della Polfer della stazione centrale (con altri 40 ragazzi senza biglietto come me), poi per due settimane di pazzia sono stato “tutelato e protetto” dai barboni/tossici di piazza San Domenico; non avevo neanche una lira ma non mi è mancato niente, suonavo a Spaccanapoli e quando tenevo 3000 lire andavo “da Michele” a mangiare una pizza. Il quinto giorno è scattata l’occupazione dell’Orientale per una grossa settimana, è stata una bella situazione di condivisione, sono pure stato invitato a suonare ad un esame in aula (il soggetto era il rastafarismo e dovevo illustrare i discorsi dell’esaminata con pezzi di Bob Marley – 30 e lode). Comunque, quella è stata la situazione che mi ha preparato al G8 di Genova l’anno successivo.

D: Ami molto Napoli. Spiegaci perché.
R: Napule per me è la città più potente d’Europa: una personalità fortissima, un popolo molto vivo e generoso, un lato affollato che mi piace molto, e ovviamente questa anarchia di vicoli di salite quasi verticale, la bellezza del golfo del vulcano…

D: Sei metà italiano e metà francese. Lo stile delle tue canzoni ricorda molto l’Africa, quella reggae, allegra e colorata. Sandro Joyeux, oggi, dopo tanto peregrinare, chi è e dove vuole arrivare?
R: Qualcuno che vuole gettare un ponte tra Africa e occidente, appassionato di musiche tradizionali e di queste musiche di gioia e di sorriso, e che vorrebbe arrivare a conoscere più luoghi, culture e realtà diverse magari con un approccio musicologico.

D: È la prima volta che ti esibisci nel Cilento? Magari porterai un po’ di ritmo popolare cilentano nella tua prossima musica?
R: Ho suonato molto a Napoli e in Irpinia ma sarà la mia prima volta nel Cilento. Non conosco ancora la particolarità della musica cilentana ma ci sono già influenze meridionale nei miei spettacoli.

D: Più che parlare di artisti che hanno ispirato la tua musica dovrei chiederti dei posti, delle persone e delle storie che ti sei portato dentro.
R: La mia prima sorgente d’ ispirazione musicale è la zona del Mali (ma anche Senegal, Guinea, Burkina Faso) ma sono stato anche molto attratto dal Marocco e in particolare dalla musica Gnaoua che discende dalla cultura Bambara del Mali (una migrazione culturale e musicale che ha attraversato il Sahara).

D: Non ti separi mai dalla tua chitarra. Eppure ho letto che da piccolino, a Parigi, hai iniziato con la lirica. Hai una formazione molto varia.
R: Iniziai la musica cantando nel coro della radio francese per 4 anni. Lì imparai le basi della musica “seria”. Uscendo da questa scuola mi avvicinai al metal, poi al blues e al reggae.

D: Riesci ad immaginarti lontano dalla musica? Se non fossi diventato un cantante cosa avresti fatto nella vita?
R: Spesso vivo i rumori quotidiani in modo melodico o ritmico, mi diverte. La musica per me è una specie di massaggio dell’anima. Se non fossi diventato cantante penso che sarei diventato ladro… ahah!!!

D: Progetti futuri?
R: Vogliamo produrre un disco ma più un prodotto culturale che una successioni di canzoni. Spero comunque di tornare in Africa al più presto (e magari incidere il disco laggiù).

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