Dal 3 giugno si riaprono le Regioni. Inizia la vera estate per il Cilento

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Dal 3 giugno si riaprono le Regioni. Inizia la vera estate per il Cilento

“Al momento non c’è in Italia alcuna situazione critica relativa all’epidemia di Covid-19”. I dati dell’Istituto superiore di sanità spingono verso la riapertura completa del paese: il 3 giugno cadranno i divieti di spostamento e sarà possibile tornare a muoversi liberamente in tutta Italia, dopo quasi tre mesi. La conferma arriva dal ministro della Salute Roberto Speranza al termine del vertice convocato dal premier Giuseppe Conte con i capi delegazione della maggioranza.

Se ciò dovesse trovare poi contezza nei fatti, l’estate per la costa del Cilento potrebbe catapultarsi improvvisamente nel vivo. Oggi, sabato 30 maggio, il primo ponte, la prima vera prova per un territorio che, epidemia a parte, sarebbe già in una fase con ritmi piuttosto elevati. Ma le spiagge sono ancora deserte, tranne qualche residente che fa capolino appena un raggio di sole più insistente illumina le baie cristalline e le cale. Oggi il tempo non aiuta, le temperature non sono poi così piacevoli e le nuvole intralciano il lavoro del sole. Ma dal 3 tutto potrebbe cambiare. Però, badiamo bene, il virus non è sconfitti e i rischi da fronteggiare non saranno pochi.

“Il decreto legge vigente prevede dal 3 giugno la ripresa degli spostamenti infraregionali e al momento non ci sono ragioni per rivedere la programmata riapertura degli spostamenti” ha sottolineato Boccia ribadendo però che da qui a martedì continuerà ad essere monitorato l’andamento della curva. Gli scienziati infatti avvertono: l’incidenza dei casi “è molto eterogenea” sul territorio nazionale, ci sono Regioni con un numero molto elevato e altre a basso contagio; ecco perché, nel momento in cui aumenterà “la frequenza e l’entità” della circolazione nel paese, bisognerà avere molta cautela ed essere pronti a isolare gli eventuali nuovi focolai.

“I dati del monitoraggio sono incoraggianti. I sacrifici importanti del lockdown hanno prodotto questi risultati. Dobbiamo continuare sulla strada intrapresa con gradualità” aveva spiegato prima del vertice con Conte il ministro Speranza. Ai capi delegazione della maggioranza, ai ministri Francesco Boccia, Luciana Lamorgese e Luigi Di Maio e al sottosegretario Roberto Fraccaro, ha illustrato l’andamento della curva e il monitoraggio relativi alla settimana dal 18 al 24 maggio, quella che ha coinciso con la riapertura di bar, ristoranti negozi e, anche, con i primi ‘assembramenti’ nelle piazze della movida. In sostanza, ha detto, il famigerato Rt (l’indice di trasmissibilità del virus) è sotto l’1 in tutte le Regioni, il trend dei nuovi casi è in diminuzione e anche se alcuni territori hanno ancora una base numerica molto alta, c’è una buona capacità di reazione del sistema sanitario.

Dunque discorso chiuso? Se i dati non precipiteranno nei prossimi quattro giorni, si. Anche perché il pressing sul governo per riaprire tutto il paese il 3 è fortissimo: da governatori, opposizione, categorie economiche e anche da chi nella maggioranza finora non si era sbilanciato: il capo grillino Vito Crimi, che due giorni fa chiedeva che fossero consentiti solo “spostamenti in aree limitrofe, considerando che in Lombardia ancora si muore”, spinge ora per una riapertura totale: “non credo sia il caso di prorogare ulteriormente, credo che si debba aprire il 3 senza differenziazioni tra Regioni”.

Per riaprire i ‘confini’ non ci sarà neanche bisogno di un nuovo Dpcm: quello in vigore prevede infatti il divieto di spostamenti infraregionali fino al 2 mentre a partire dal giorno successivo questi possono essere “limitati solo con provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge 19 del 2020, in relazione a specifiche aree del territorio nazionale, secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio epidemiologico effettivamente presente in dette aree”.

Decidendo di riaprire tutto il paese, il governo dovrà però tenere conto di due elementi. Innanzitutto, nell’analizzare i dati, gli scienziati hanno sottolineato più volte che il virus è tutt’altro che sconfitto, visto che sono già stati individuati “nuovi focolai” e che la situazione è “epidemiologicamente fluida” in molte Regioni. Dunque se anche si decide di riaprire ci deve essere il “rispetto rigoroso” delle misure di distanziamento, igiene e divieto di assembramento. Non solo: i sistemi sanitari devono continuare ad essere rafforzati per fronteggiare una possibile risalita dei contagi e bisogna essere pronti, come dice il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri, ad isolare eventuali zone rosse: “in caso di variazioni possono essere necessari passi indietro chirurgici”. Perché queste sono le uniche ‘armi’ a disposizione per contrastare la diffusione.

L’altro aspetto è invece tutto politico politico. Ed è la preoccupazione di diverse Regioni, soprattutto quelle del centro sud che hanno un numero di casi molto basso, di trovarsi il virus in casa per gli spostamenti di chi arriva da territori dove invece la circolazione del Covid è molto più alta. Un timore già espresso nei giorni scorsi da Sardegna, Sicilia e Puglia alle quali oggi si sono aggiunti anche il Lazio e la Campania, con Vincenzo De Luca che come al solito non ha usato giri di parole: “è del tutto ragionevole – ha detto il governatore campano – che se c’è un territorio con un altissimo numero di contagiati, questo territorio debba avere delle limitazioni alla mobilità”. Per questo il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia sentirà uno ad uno i presidenti delle Regioni – al momento non è infatti prevista una riunione della Conferenza Stato-Regioni – proseguendo quel confronto che va avanti ormai da una settimana e che continuerà fino al 3. Ribadendo un concetto già espresso: si riparte tutti insieme.

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