I suoni dell’antichità rivivono a Velia

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I suoni dell’antichità rivivono a Velia

Dall’incontro fra Roberto Melini, studioso di archeologia musicale, e il gruppo Ludi Scaenici, gruppo che fa della ricerca musicale dell’antichità il proprio vessillo, nasce la conferenza-concerto "Archeologia Dei Suoni Perduti", che nella serata di ieri è stata presentata al pubblico di VeliaTeatro presso gli scavi di Elea-Velia, in quella che una volta fu l’acropoli della città, all’ombra della torre Angioina, a pochi passi dal teatro greco.

Roberto Melini ci introduce a quella che è l’archeologia musicale, una branca diversa dall’etnomusicologia che va alla ricerca della musica antica seguendo un metodo prettamente archeologico. Ci narra di come Nerone, avendo in mano il potere, poteva anche permettersi di auto-dichiararsi come un grande artista, suonatore di cetra.

Grazie all’ausilio di alcune diapositive ci illustra delle scoperte fatte in Siria e in tutta la zona mediorientale, dove sono stati trovati dei veri e propri proto-spartiti in pietra risalenti a circa 1300 anni prima di Cristo e che quindi confutano l’idea che i primi esempi di musica scritta risalgano ai canti gregoriani.

I Ludi Scaenici ricostruiscono le musiche (naturalmente in maniera istintiva, dato che un vero e proprio sistema di decifrazione di questi "spartiti" non ci è pervenuto) con strumenti ricostruiti ad hoc seguendo le indicazioni ritrovate in giro per la storia.

Lira, cetra, doppi flauti, timpani, cimbali, corni, trombe egiziane: tutti strumenti influenzati dalla cultura orientale e che a loro volta hanno influenzato successivamente quella occidentale.

Impossibile non fare un parallelismo fra i timpani e le nostrane tammorre o fra i doppi flauti e quelle che poi divennero le zampogne.

In particolare a colpire è l’esecuzione ai doppi flauti di Cristina Majnero quando, accompagnata da Gea Lucetti alla danza e da Daniele Ercoli, Gaetano Delfini e Roberto Stanco ai timpani, utilizza la tecnica del fiato continuo, una tecnica pervenuta fino ai nostri suonatori di zampogna, di ciaramella e di doppi flauti che implica la continua espulsione di aria aiutandosi con le guance in modo da non interrompere mai il suono.

Lo spettacolo si chiude in onore di Bacco, o Dioniso: "tra l’altro abbiamo ipotizzato che il che si usa in Campania possa nascere proprio dai Baccanali, dove veniva più e più volte ripetuto in onore del verso pronunciato durante il concepimento di Dioniso da parte di Zeus e Semele".

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