Reddito di cittadinanza, la Cassazione conferma la condanna: 2 anni e 6 mesi a un 53enne

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Reddito di cittadinanza, la Cassazione conferma la condanna: 2 anni e 6 mesi a un 53enne

La Corte di Cassazione ha posto la parola fine alla vicenda giudiziaria di un 53enne residente in provincia di Salerno, dichiarando inammissibile il suo ricorso e rendendo definitiva la condanna a due anni e sei mesi di reclusione per indebita percezione del reddito di cittadinanza.

In primo grado l’uomo era stato assolto dal Tribunale di Salerno, ma la Corte d’Appello lo aveva successivamente ritenuto colpevole sulla base di certificazioni anagrafiche che confermavano la sua effettiva residenza, con i familiari, in un comune del salernitano. Un elemento ritenuto decisivo per configurare l’illecito.

I motivi del ricorso

Il 53enne aveva presentato ricorso fondandosi su quattro punti: l’assenza dell’elemento psicologico del reato, l’abrogazione della norma incriminatrice, il mancato esame delle difese e il diniego delle attenuanti generiche. La Suprema Corte, tuttavia, ha respinto tutte le doglianze, definendole “generiche” e finalizzate a sollecitare una nuova valutazione del merito, non consentita in sede di legittimità.

I giudici hanno inoltre chiarito che i documenti difensivi prodotti erano irrilevanti, perché risalenti a tre anni dopo i fatti contestati. Quanto all’abrogazione del reddito di cittadinanza, la Cassazione ha ribadito che le condotte illecite commesse fino al 31 dicembre 2023 restano penalmente perseguibili, poiché l’efficacia abrogativa è entrata in vigore solo dal 1° gennaio 2024.

I precedenti e la pena accessoria

Rigettata anche la richiesta di attenuanti: la Corte d’Appello aveva già motivato il diniego citando i precedenti penali dell’uomo per favoreggiamento, minaccia a pubblico ufficiale, detenzione abusiva di armi e furto.

Oltre alla reclusione, la Cassazione ha disposto a carico del 53enne il pagamento delle spese processuali e una sanzione di 3mila euro a favore della Cassa delle ammende.

La condanna diventa così definitiva, confermando la linea dura della magistratura nei confronti delle irregolarità legate all’ormai ex misura di sostegno economico.

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