Biografia di una parlata: gli studi sul dialetto cilentano
| di Cinzia Sapienza
In pochi si propongono di studiare quello che superficialmente viene spesso chiamato “dialetto cilentano”, forse perché non ci sono state finora su quest’idioma delle ricerche incisive e costanti che facessero da terreno e supporto per un approfondimento successivo. Ad ogni modo si può affermare che gli studi di Rohlfs sono stati certamente fondamentali a tal proposito, seppur effettuati negli anni ’30 del Novecento, quando lo studioso, esattamente tra il 1935 e il 1936 si trovò ad Omignano, nei pressi di Vallo della Lucania. Seguono per importanza gli studi di Radtke e di De Blasi, effettuati in tempi lievemente più recenti. Ma quella che occorre per forza citare in un articolo sul dialetto cilentano. Il primo lavoro sul dialetto locale è senza dubbio il tributo di Federico Piantieri, una lettera indirizzata a Ernesto Palumbo “Officiale della Biblioteca Nazionale di Napoli”, considerata da subito il primo effettivo studio su questa parlata, o meglio sull’insieme dei dialetti dell’area in questione. La lettera, datata 20 Novembre 1869, è destinata ad un’amante della cultura popolare e specifica prima di tutto cosa sia il Cilento, delimitandolo geograficamente, e chiarisce che il popolo indigeno si sia originato dai Latini e non dagli Elleni, come erroneamente spesso si era evidentemente ritenuto; anche se, tracce di grecità nel territorio che va dalla piana di Paestum al Golfo di Policastro ci sono, e anzi, la maggior parte di esse in territorio italiano le ritroviamo principalmente qui, avendo avuto nel tempo influenza strutturale, organizzativa, economica ed anche linguistica.
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