Soppressione Comuni. Un Sacco di NO

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Soppressione Comuni. Un Sacco di NO

Sotto un sole ferragostano, ad interrompere il clima vacanziero di sagre e di feste patronali il 21 agosto si sono dati appuntamento a Sacco, sindaci ed amministratori di molti piccoli comuni a sud di Salerno per esprimere il loro dissenso verso la norma della finanziaria (art. 16 DL 138/2011) che prevede, di fatto, attraverso l’accorpamento e la fusione dei comuni sotto i mille abitanti, la cancellazione di identità culturali e storiche millenarie al fine di prevedere risparmi, tra l’altro ritenuti inconsistenti per la finanza pubblica.

All’incontro, organizzato dall’amministrazione comunale di Sacco in collaborazione con l’Unione Comuni Alto Calore e con la Comunità Montana del Calore salernitano, hanno partecipato numerosi  sindaci e amministratori dell’Alta Valle del Calore e degli Alburni.

Presenti tra gli altri Angelo Rizzo, presidente della Comunità Montana del Calore Salernitano, Donato De Rosa membro del direttivo del Parco del Cilento e del Vallo di Diano, Maurizio Caronna, presidente dell’Unione dei Comuni Alto Calore, Enzo Luciano, vice – Presidente dell’UNCEM Campania, ed a concludere, Donato Pica, consigliere regionale del PD.

L’oggetto del dibattito aveva per tema “I piccoli Comuni alla luce della normativa prevista dall’art. 16 del DM 138/2011

Dopo il saluto del sindaco, Antonio Macchiarulo, il vice sindaco Franco Latempa ha illustrato le finalità del convegno evidenziando lo stato di disagio dei molti piccoli comuni dell’entroterra cilentano già di fatto a rischio di estinzione a causa di un forte spopolamento dovuto  alla totale assenza di servizi essenziali.

Ainora, segretario comunale ha delineato in un’articolata relazione, le parti essenziali dell’art.16 del DL suddetto evidenziando la difficile applicabilità di tale norma alle nostre realtà comunali.

Dal dibattito è subito emersa la fragilità di tale normativa che appare totalmente sganciata dalla realtà e che interessa soprattutto  le zone interne del nostro Cilento e del territorio degli Alburni, e pensata dalla politica centrale sulla scia dell’emotività dell’andamento negativo dei mercati finanziari.

E’ inutile sottolineare come la reazione da parte di tutti gli enti territoriali interessati sia stata di un secco rifiuto e di una presa di posizione fortemente contraria nei confronti di tale provvedimento.

Nella nostra realtà territoriale, ad essere interessati e mortificati dalla normativa sono i centri dell’entroterra salernitana, disseminata di piccole entità comunali, già fortemente penalizzate, come ha fatto notare Franco Latempa, da economie di sopravvivenza e da fughe continue di forze vitali giovanili, resi ancor più gravi da atavici abbandoni della politica centrale.

Dai vari interventi si apprende che detta norma coinvolgerebbe un quarto circa dei comuni italiani, con un risparmio di  risorse irrisorio (circa seicento milioni su una manovra di 45,5 miliardi di euro).

La realtà è che si cerca di fare economia sui piccoli comuni che rappresentano la spina dorsale dell’Italia senza intaccare minimamente i costi della politica centrale.

L’art. 16 del DL 138/2011 prevede come requisito essenziale, che i comuni con numero di abitanti pari o inferiore a mille vengano accorpati nell'”Unione Municipale” fino al raggiungimento di un numero complessivo di abitanti non inferiore a cinquemila, salvo diverso limite demografico individuato con delibera della Giunta regionale.

Si è sottolineato quanto sia difficile procedere a tali accorpamenti, data la struttura geografica del nostro territorio.

Sacco dovrebbe far parte dell’Unione municipale comprendente Roscigno, Bellosguardo, Corleto Monforte, Sant’Angelo a Fasanella ed Ottati, tutte entità inferiori a mille abitanti.

Il problema che si evidenzia è che questi sei comuni non raggiungono i 5 mila abitanti e tra l’altro, presentano anche problemi per una corretta gestione amministrativa, in quanto malamente collegati  su un territorio vasto con forti limiti di viabilità e con entità tra loro diverse per tradizioni, abitudini e storia.

Tutto ciò rischia di aggravare l’handicap geografico che da sempre caratterizza il nostro territorio, che lo vede esposto ad un continuo depauperamento per la fuga di forze vitali giovanili e ormai al limite di una dignitosa sopravvivenza.

In prospettiva, nella direzione di un’ottimizzazione delle risorse e di un risparmio economico reale, si è discusso della necessità di intraprendere legami di collaborazione tra i vari comuni del territorio attraverso la costituzione di associazioni di servizi anche alla luce delle esperienze pregresse.

L’Unione dei comuni Alto Calore, costituita da circa un decennio, già da tempo ha sperimentato forme di associazione di servizi, come ha evidenziato il Presidente Maurizio Caronna, e nel futuro potrebbe, attraverso un allargamento territoriale, rappresentare un momento di sintesi amministrativa del territorio.

Un’incentivazione, quindi, all’associazionismo ed alla collaborazione tra i piccoli comuni con un’autonoma determinazione dei territori e non di un’imposizione di una norma inefficace ed inefficiente che provoca confusione ed incertezze tra i cittadini.  

L’intervento di Donato Pica, poi, evidenzia come questo mix, fatto di norme, inerzie e dimenticanze, rischia di infliggere una ulteriore ferita ad un territorio che già da sempre paga il prezzo dell’abbandono della politica centrale.

Ci si deve interrogare quali saranno le conseguenze di tali interventi e perché l’aspetto più frequentato, ogni qualvolta si decida di fare dei tagli, è sempre quello che coinvolge le realtà più disagiate.

Al termine della discussione è stato predisposto un documento ed un ordine del giorno approvato dai presenti che sarà inviato a tutti i rappresentanti politici affinché in parlamento si prodighino per la soppressione di tale norma, lesiva della dignità dei piccoli comuni e che penalizza ulteriormente una realtà territoriale nel passato e nel presente continuamente mortificata. 

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