Il 25 aprile oggi, l’elogio del dissenso

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Il 25 aprile oggi, l’elogio del dissenso

La data del 25 aprile 1945 è ricordata come un evento fondamentale del nostro Paese. Io, più che soffermarmi sui complessi eventi storici che rappresenta, preferisco trovarvi quegli spunti di riflessione che ancor oggi possono insegnarci qualcosa. Vorrei qui sottolineare l’importanza che il dissenso, inizialmente di pochi, ebbe nella sconfitta del fascismo, il quale si affermò, soprattutto, grazie al conformismo ed al disimpegno dei più.

Pochi furono, infatti, coloro che subito compresero il rischio che, in Italia, correva la democrazia. Fra questi, sono esemplari le figure di Giacomo Matteotti, trucidato dai fascisti  nel giugno 1924, e di Piero Gobetti, morto esule a soli 26 anni, il fisico minato dalle percorse dei sicari del regime. Gobetti, già nel 1922, definiva il fascismo ‘autobiografia di una nazione’ (La rivoluzione liberale n. 34) e in un altro scritto chiariva «il contrasto vero dei tempi nuovi come delle vecchie tradizioni non è tra dittatura e libertà, ma tra libertà e unanimità».

Il dissenso, quel disaccordo di opinioni che mette qualcuno in conflitto con le idee ‘ufficialmente’ accettate dai più, ha reso possibile il progresso del genere umano e la storia ne offre innumerevoli esempi. I personaggi citati, con il loro coraggioso atteggiamento critico, hanno consentito, successivamente, la diffusione dell’antifascismo.

L’esperienza, non solo personale, mi dice che: «La maggioranza traccia un cerchio formidabile intorno al pensiero. Nell’interno di quei limiti lo scrittore è libero, ma guai a lui se osa oltrepassarli. Coloro che lo biasimano si esprimono a gran voce, mentre coloro che pensano come lui, senza avere il suo coraggio, tacciono e si allontanano».

Riporto le attualissime parole di Alexis de Tocqueville che parla dell’America nel 1835, perché ciò che afferma per gli scrittori è valido anche per molti cittadini.

Solo un serio confronto può confermare o meno la giustezza delle nostre idee. La critica, giusta o sbagliata che sia, in ogni caso è utile; ci aiuterà a correggere le opinioni errate o, viceversa, a rafforzare la nostra convinzione e ad argomentare meglio quelle giuste.

Credo che il riconoscimento dell’importanza del dissenso sia, in teoria, facilmente condivisibile. Tuttavia, una cosa è enunciare un principio ed altra è attuarlo. Praticarlo, infatti, significa affinare il proprio spirito critico e, contemporaneamente, contribuire a creare i presupposti perché altri possano esercitare il proprio. Nel primo caso occorre chiedersi se le proprie opinioni siano tali e non comode preferenze, passive adesioni alla tradizione. Nel secondo caso bisogna contribuire alla creazione di uno spazio pubblico dove il dissenso argomentato sia apprezzato come valore positivo.

Coltivare il dialogo, dare spazio al dissenso, quindi, è il compito di tutti coloro che intendono praticare una cittadinanza attiva e responsabile. È dovere della politica avvantaggiarsi del contributo di idee che il confronto in uno spazio pubblico libero ed aperto può dare.

Purtroppo l’esperienza ci dice che, oggi come allora, non sempre la scelta fra ‘libertà e unanimità’ privilegia la prima. L’auspicio è che siano colti i messaggi e gli insegnamenti che la Liberazione propone a chi vuole intendere, ai cittadini volenterosi e responsabili.

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