Paestum: un impero abusivo. Sabelli:«Comune intervieni»

| di
Paestum: un impero abusivo. Sabelli:«Comune intervieni»

I 92 ettari intorno ai Templi sono patrimonio dell’illegalità?

Provate un po’ a pensare 92 campi di calcio. Pensateli coperti di palazzi, piscine, baracche, pizzerie, chioschi, caseifici, negozi, serre e manufatti vari tirati su un poco alla volta per non dare proprio nell’occhio. Pensateli così e, a parte l’assurdità estetica, avrete sicuramente una pallida impressione di cosa accade a Paestum, intorno all’area archeologica fra le più conosciute del mondo, patrimonio dell’umanità e dell’Unesco.

Questo è un caso di abusivismo, due volte criminale perché trasgredisce le leggi dello Stato e l’identità stessa del cittadino: essere cilentani, dopotutto, significa anche considerare e proteggere la bella polis magnogreca.

Un vecchio parlamento aiutò questo popolo Nel 1957, infatti, una legge chiarissima, tuttora valida, ha creato un vincolo intorno alle mura di Paestum: nel raggio di un chilometro non si può costruire nulla ex novo, il ministero può autorizzare solo ampliamenti o modifiche agli edifici già esistenti. La zona in tal modo interdetta si estende per 765 ettari (oltre ai 122 entro le mura). Come credete che sia andata nel frattempo? L’architetto Luca Palladino ha fornito una risposta interessante nel 2005, durante un convegno di Italia Nostra.

Facciamo un pò di calcoli Grazie a un software implementato con basi cartografiche, l’architetto ha calcolato il consumo di suolo, cioè i terreni edificati, nell’ambito della superficie protetta: «Erano 10 ettari nel 1956 -dice Palladino-, 56 nel 1978, 80 nel 2000». Il suolo consumato nella fascia di rispetto superava l’1% nel 1956 e il 10% nel 2000: fenomeno in forte crescita, dunque, «contro valori costantemente inferiori nel resto del territorio comunale». Secondo altri tecnici, dall’alba del millennio a oggi la vorace illegalità ha sottratto un’ulteriore decina di ettari alla giusta collocazione ambientale dei templi. Sicché, oggi l’edificazione illecita dovrebbe interessare circa 950 costruzioni e 92/93 ettari (quelli che in apertura abbiamo paragonato agli stadi, solo per rendere l’idea). Si tratta di stime – e bisogna dire che ne esistono ben più allarmanti. Comunque c’è una vera cortina stesa fra la città antica e i suoi spazi di respiro, in particolare verso il mare. L’abusivismo, che pure non disdegna alcun contorno, sembra preferire le direttrici delle contrade Licinella, Torre e Santa Venere. Gli anni del sacco più grande sono quelli fra i ’60 e i ’70, l’epoca del post-boom e della scoperta della villeggiatura, per parlare in termini spiccioli.

L’appello di un altro professionista Questa è la suggestiva interpretazione di un altro architetto: Rodolfo Sabelli, che era assessore a Eboli quando l’amministrazione di Gerardo Rosania demolì quasi 500 abitazioni abusive costruite sui suoli demaniali. Da novembre, Sabelli dirige l’Urbanistica al Comune di Capaccio: «Manca un’analisi rigorosa dei termini della questione.- dice Sabelli- Questo ente non ha mai fatto un lavoro scientifico». Meraviglia. Meraviglia doppia: come mai, per decenni, primi e secondi cittadini hanno lasciato che la condizione diventasse cancerosa? Come mai i soprintendenti non hanno fatto pressioni decisive? Come mai i ministri, pure davanti alle inchieste della magistratura, non hanno organizzato commissari e task force di demolitori per risolvere un’infamia di rilievo internazionale? Perché, vedete, «non è che gli strumenti manchino proprio». Per esempio, Sabelli spiega un meccanismo con il quale il Comune può togliere fiato e unghie ai pirati: «tre mesi dopo l’ordine di abbattimento definitivo, se il proprietario e il costruttore non hanno ubbidito, gli uffici municipali possono notificare l’inottemperanza e registrarla alla conservatoria immobiliare, così il Comune incamera la proprietà. Sembra uno strumento semplice e adeguato, basta la volontà politica di utilizzarlo».

Non una, ma ben due Per cominciare, qualche lottizzazione potrebbe finire come un niente nelle mani pubbliche – e «non sono opere di necessità», come talvolta ha avuto modo di affermare più in generale l’ex sindaco Pasquale Marino, «ma doppie casette costruite da gente napoletana e nolana». Mica c’entra solo la complessità del territorio capaccese, sicuramente vasto e articolato: 111 chilometri quadrati (quanto Napoli), dai 1082 metri del monte Soprano a una fascia costiera di 12 chilometri. Mentre il Comune è commissariato sono state emesse oltre cento ordinanze di abbattimento, un’altra quarantina sono in itinere. Allora, ecco le domande, forse troppo banali, ma doverrose a questo punto. Perché i candidati sindaci di maggio non si impegnano a varare un programma per il recupero completo della legalità? Richiamerebbero l’attenzione del mondo e farebbero il migliore marketing possibile, gratuito perfino. Correrebbero il rischio di passare alla storia. C’è qualcuno che se la sente?

©

Consigliati per te

©Riproduzione riservata