Fondi Ue, in Campania 21 miliardi da spendere. Ance: «Non bisogna sprecarli»

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Fondi Ue, in Campania 21 miliardi da spendere. Ance: «Non bisogna sprecarli»

La Campania, nel periodo 2014-2020, avrà in dotazione 21,1 miliardi di euro: 12,7 miliardi di fondi strutturali e 8,4 miliardi di fondi per lo sviluppo e la coesione. «A conti fatti – evidenziano gli analisti del centro studi Ance Salerno sulla base di uno studio elaborato da Ance nazionale – si rendono disponibili per la Campania, sommando i fondi strutturali Ue e quelli Fsc, circa 5 miliardi in più rispetto alla programmazione 2007-2013».

Le risorse assegnate dall’Unione Europea nel periodo 2014-2020 alle Regioni Obiettivo Convergenza – comprensive del cofinanziamento statale del 50% – ammontano a 44 miliardi e 418 milioni di euro (71,3% del totale Italia, pari a 62 miliardi e 258 milioni di euro). L‘accordo di partenariato fra Italia e Unione Europea prevede la ripartizione dei 62 miliardi destinati all’Italia in programmi nazionali e multi/regionali e programmi regionali. I primi comprendono 11 programmi nazionali – di cui 2 per il Mezzogiorno (Ricerca e innovazione; Imprese e competitività) e 3 per le regioni meno sviluppate (Infrastrutture e reti, Beni culturali, Legalità). I Programmi Regionali si dividono in 21 Por del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr) e 21 Por del Fondo Sociale Europeo (Fse). Il Centro Studi Ance Salerno richiama l’attenzione sulla spesa da effettuare in Campania nel biennio 2014-2015 a valere sui fondi Por-Fesr della precedente programmazione: essa rappresenta il 68% della dotazione finanziaria complessiva, pari a 3,23 miliardi su 4,76 miliardi di euro disponibili.

Lo scenario nazionale La programmazione europea 2014-2020 prevede finanziamenti complessivi in Italia, tra fondi strutturali e fondi per lo sviluppo e la coesione, per 117 miliardi di euro: circa il 75% di risorse sono destinate al Sud, ma crescono le risorse per le Regioni del Centro-Nord. In tale contesto le risorse dei fondi strutturali ed ex Fas rappresentano stabilmente il 40-45% dei fondi destinati alle infrastrutture, ma si scontano molte incertezze rispetto ad alcune delle numerose «questioni aperte» come l’esclusione dei cofinanziamenti nazionali dal Patto di stabilità interno. Se si tirano le somme: le risorse ancora da spendere a livello nazionale per i fondi strutturali (Fesr-Fse) ammontano a 22 miliardi entro il 2015, di cui 9 miliardi entro il 2014, a fronte di 25 miliardi di euro spesi in 7 anni. E bisogna aggiungere che il Patto di Stabilità interno blocca ancora 5 miliardi nelle casse degli Enti locali virtuosi.

«Abbiamo di fronte l’ultima opportunità per le regioni del Sud – sottolinea il presidente di Ance Salerno Antonio Lombardi – di mettere in campo interventi in grado di riavvicinarci al Centro Nord ed all’Europa in termini di convergenza dei tassi di crescita economica. È evidente, anche alla luce degli indicatori di spesa riferiti alla precedente programmazione, che occorre impiegare una prima parte delle risorse del ciclo 2014-2020 attraverso progetti già cantierabili in relazione ad alcune directory strategiche: la messa in sicurezza degli edifici scolastici; la riduzione del rischio idrogeologico; l’attuazione di interventi strutturali nel territorio di comuni di dimensioni medio-piccole; la riqualificazione urbana con specifico riferimento al Piano Città».

«Principalmente sulle politiche di riqualificazione delle città – continua il presidente Lombardi – si gioca una delle sfide più importanti. Non possiamo limitarci soltanto alla discussione sulla titolarità delle risorse. Occorre, invece, rendere operativa una maggiore collaborazione tra i vari livelli istituzionali sul modello di quanto realizzato con la Cabina di Regia del Piano Città, stimolando una sana competizione tra i progetti. Sono indispensabili unità d’intenti tra i vari livelli istituzionali ed integrazione dei fondi disponibili, scongiurando la frammentazione dei finanziamenti su più obiettivi di minori dimensioni. Le priorità devono derivare dai fabbisogni individuati, guardando al modello francese che con “contratti di città” ha consentito la realizzazione di progetti di sviluppo urbano integrato e sostenibile in termini qualitativi e quantitativi di estrema rilevanza».

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