Quella terra chiamata Cilento: echeggiando tra passato e presente (parte III)

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Quella terra chiamata Cilento: echeggiando tra passato e presente (parte III)

Paestum.
E’ l’antica città cara a Poseidone, il quale volle originariamente identificarla con il suo nome: Poseidonia. Ancor visibili e ben conservate, le mura che fanno da cinta all’antica colonia, trasudano intere pagine di storia, cariche di ardore e testimoni perenni di un florido passato. Nonostante la sua importanza, null’altro si sa della sua fondazione, se non contrastanti e contestabili accenni di vecchi cantori, storici e geografi, che di questa terra hanno scritto.

Per oltre un secolo, la città grecizzata, fa ribollir di luce quella piana, un tempo mare, che si stagliava sull’azzurro nostrano. Correvano i secoli avanti Cristo compresi fra il 560 e il 440.

Greci, poi lucani, e poi ancora romani.
Risplende al passaggio di popoli, a volte barbari a volte servili, poi giudicatori, viandanti e infine colonizzatori. Colonizzatori provenienti da un mondo nuovo, coloro che latinizzeranno “lo splendor di una antica storia.”

Possenti monumenti.
Come “Basilica” è noto il tempio di Hera, il cui colonnato richiama stili arcaici; di “Nettuno” è invece il tempio di Era (anch’esso per Hera), il più maestoso di tutti, che lì, ancorato a quella nuda terra, rivendica la sua importanza; ed infine era di Cerere, quello noto come di “Athena”, misto di architetture doriche e ioniche, multiforme e silenzioso, dono grande dell’immenso non più fruibile.

E che dire di quella tomba? Quella del “tuffatore”, gelosamente custodita nella struttura museale, ormai assunto a simbolo dei tempi passati.

Quella terra chiamata Cilento: echeggiando tra passato e presente (parte I)

Quella terra chiamata Cilento: echeggiando tra passato e presente (parte II)

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