Un testamento per ricordare il carnevale di San Giovanni A Piro

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Un testamento per ricordare il carnevale di San Giovanni A Piro

Spesso capita che nei piccoli centri nascano inedite e singolari iniziative: è questo il caso del Testamento Di Carnevale che dal 1947 viene scritto a San Giovanni A Piro a seguito dei festeggiamenti del Carnevale per ricordare tutti coloro i quali vi hanno partecipato.

L’iniziativa nacque appunto nel 1947 da un’idea di Ferdinando Palazzo, allora segretario comunale.

Dal 1977 cominciarono a scriverlo Ambrogio Beati e il “professore” Angelico Bellotti, aiutati per pochi anni da Franco Di Cuzzo, Franco Cariello e Gennaro Marotta.

Gli autori storici sono Ambrogio Beati e il prof Angelico Bellotti e da circa 6 anni sta collaborando a scrivere il testamento il figlio di Ambrogio Beati.

L’ultima collaborazione del prof. Angelico, storico collaboratore, risale al 2008.

Il Giornale Del Cilento vuole rendere omaggio a questa simpatica iniziativa pubblicando il Testamento Di Carnevale 2011.

Testamento di carnevale 2011

Son passati molti anni

tra dolori, gioie e affanni,

e in quest’ultimo momento

voglio fare testamento!

Non temete non son pazzo,

il mio viso è paonazzo,

tutta colpa di quel vino

che sorseggio di mattino!

Non è vero testamento

questo estremo mio memento,

ma la prova del mio affetto

che mi sgorga qui dal petto!

Perciò l’atto che presento

vi delinea il mio tormento,

son scemate le sostanze

da riempir tutte le “panze”!

Non avendo lo scrivano

poca cosa va a Giordano,

ma il raccolto fatto al monte

va all’amico Florimonte.

Poi li nomino baroni

delle giuste opinioni,

che hanno espresso sul mio conto

senza lode e senza sconto!

Or mi tolgo gli stivali

e vi sento tutti uguali,

ve lo dico sotto il melo

sto abbracciando anche Carmelo!

al mio vecchio vigilante

che ne ha viste proprio tante,

io regalo una fondina

per la vecchia carabina,

da donare per giustizia

al collega suo Malizia,

come sempre delegato

al verbale contestato.

Una bici col cestino

la devolvo al mio postino,

per portare senza fretta

anche l’ultima bolletta

e alla sua Direttrice

vanno timbro e spillatrice

e un ufficio più capiente

coi divani per la gente.

Non sopporto più le spese

per gli specchi qui in paese,

che riflettono le donne

tutte quante in minigonne,

e pur anche la mia bella

or si affida alla novella:

“Specchio,specchio delle mie brame

Carnevale è il più vecchio del reame?”.

Un cristallo assai perfetto

lascio a Raf l’architetto,

perché veda ogni via

da Paccuma al Bulgheria.

Lascio al Cuccio pensionato

un “traìno” taroccato,

perché vada più veloce

e per lui non sia una croce,

nel trasporto quotidiano

sol di paglia e poco grano,

e una pietra artigianale

di quel muro a lui fatale.

A don Pietro i paramenti

senza troppi complimenti,

per le visite ufficiali

nei paesi tropicali.

Per la grande simpatia,

lascio un libro in sacrestia,

a quel Franco deputato

ai segreti del passato.

Se lo legga poi con calma

sol così avrà la palma,

di quel premio tanto ambito

ritirato già al Tornito.

Altro encomio letterario

da devolvere all’erario,

ad Aniello gran devoto

che per questo fece voto,

di trascrivere in latino

delle rime un bel quartino,

in quel luogo amato e cheto

ch’è nomato Ceraseto.

A Pasquale Manganella

lascio in dote la Cappella,

ed un marmo assai pregiato

e per niente levigato,

per aprirla un chiavistello

intarsiato come quello,

che conserva l’Ombrellino

per aprire il mio fortino,

ove trova un patrimonio

di monete vecchio conio,

da spartir con molta fretta

col cugino suo Panzetta!

Ed in tutta questa festa

quel capretto senza testa,

vada pure dirimpetto

a Zio Peppe con rispetto.

Mentre al caro Federico

un veliero bello e antico,

per salpar da Maratea

quando c’è bassa marea.

Per onor del vicinato

stimo un altro pensionato,

quel mio amico segretario

che si gode la mia sdraio,

ed è sempre intenzionato

di servire ancor lo Stato,

con assidue presenze

ed alterne consulenze.

Un invito assai cortese

alla gente del paese,

non scrivete più ricorsi

ma attenetevi ai discorsi,

di chi vuole pace eterna,

amicizia assai fraterna,

e sedare ogni conflitto

da chi sempre è stato afflitto,

dalle beghe paesane,

che per me sono lontane,

perciò vedo già in futuro

un domani più sicuro.

Lascio a Bosco il tricolore

e festeggi con ardore,

l’unità fin qui raggiunta

e dal popolo poi assunta,

ad orgoglio nazionale

e non certo federale,

e per questo va difesa

sia l’oltraggio che l’offesa.

A Giancarlo già si sa

lascio acqua in quantità,

e siccome poi è scolaro

di consigli non è avaro,

per Enzino suo collega

che sorride e se ne frega,

della scuola appena aperta

che di sera lui diserta.

Alla cara Ditta-Fuoco

un braciere sol per poco,

che riscaldi fino a sera

la sua casa per intera.

Tutto il bosco del Furleo

ed in parte il Vruuleo,

vanno a Cita ed al Lanzuto

come ultimo saluto.

A Settimio l’assessore

lascio un piccolo trattore

per ararmi un po’ il vigneto

proprio sopra Marcaneto.

Alla ditta degli Stò

un palazzo con gli oblò

per scrutare Cicerone

da Boviezzo allo Scurone.

Come sempre vado fiero

di quel Pietro il Balisiero

perché lui resta il decano

della legna fatta a mano!.

A Genesio una vespetta,

senza ruote né trombetta,

da aggiustare a martellate

giusto in tempo per l’estate.

A Pasquale Sorrentino

va il guinzaglio con l’uncino

perché Sheela è in ogni dove

anche quando fuori piove.

Ai podisti del paese

pago io tutte le spese:

ho gli assegni belli e pronti,

offrirò la Mare e Monti!.

Per Nicola c’è in omaggio

sia lo squillo che il messaggio

per mandar la buonanotte

sotto sotto mezzanotte!.

Alla squadra del Tornito

lascio il Palio tanto ambito,

e il trofeo che fu del Ponte

va al mio amico Florimonte.

Lascio a Luca De Martino

bicicletta e volantino

col percorso alternativo

per il nuovo tour estivo.

All’amata Quintessenza

vanno i libri in eccedenza

e una sede ammobiliata

variopinta e riscaldata.

Per la muffa in biblioteca,

che anche Pellico depreca,

urge un nuovo preparato

di ammoniaca e solfato

da spruzzare a più riprese

quasi sempre a fine mese,

con l’esborso senza appiglio

della Giunta e del Consiglio.

Per la Pyros redazione

or c’è già una soluzione:

ho qui pronto uno scrivano,

proveniente da Rofrano,

porterà con sé uno spillo

da donare al Russolillo,

con lo stemma ben impresso

di Repubblica e L’Espresso!.

A Luigi di Grancascia,

che mi affila spesso l’ascia,

un furgone più moderno

col motore sempr’eterno!.

Il mio antico appendi chiavi,

tramandatomi dagli avi,

lascio a Mario in sartoria

col ditale per Maria.

Alla Pergola son stato

per il pranzo già pagato,

da Mimì,il vecchio Sciuscio,

che dimora spesso all’uscio,

a cui lascio un gran paniere,

da portare al panettiere,

per i soliti biscotti

zuccherati e poi ben cotti.

Trasgredendo ogni norma

la mia spesa va alla Sorma,

a cui vanno senza sconti

anche i polli belli e pronti!.

Lascio l’olio saporito

ad Orlando con l’invito,

di riempirne una “tiella”

per Gerardo di Dianella.

Lascio a Fuego il mio cappotto,

rattoppato dov’è rotto,

e lo esponga poi in vetrina

anche solo di mattina.

La palestra abbandonata

ora andrebbe inaugurata

quindi cedo le spalliere

con i pesi e il bilanciere!

Cedo anche il mio campetto,

per il tennis e il calcetto,

al mio amico Presidente

che ci gioca di frequente.

Al neonato SGAP tiggì

una sede a Martigny

per dar voce agli emigrati

che saranno sempre grati.

Lascio a Nello Costantini

sigarette ed accendini

coi ricambi in magazzino

per la Lancia ed il Pandino.

Melanzane e ricottina

io le lascio a Serafina

per sfamare quei clienti

della pizza un po’impazienti.

Mentre al Covo degli Zanza

do in affitto un’altra stanza

con moderni aeratori

per gli eterni fumatori.

Lascio a Tullio e a Benedetto

del mio Napoli un biglietto

e li segua anche Peppo

nel San Paolo pieno zeppo!

Lascio a Leo l’artigiano

le scarpette di Gargano

e gli monti quei bulloni

per segnar le punizioni!

Non reggendo le emozioni

già mi bagno i pantaloni

con le righe un dì perfette

del lontan quarantasette!

E’ da allora che ho testato

ed a tutti ho dispensato

quanto avevo del mio avere

per bontà e per piacere.

Perciò adesso state buoni,

sento intorno solo suoni

inumate ormai i miei resti

con accenti assai modesti.

Non discorsi o predicozzi,

siate seri e mai più rozzi,

se ogni scherzo sempre vale

vi saluta Carnevale!

Dallo studio notarile

San Giovanni a Piro

Lì, 8/3/2011

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