Il fascino del Cilento che ha ispirato poeti, scrittori e filosofi

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Il fascino del Cilento che ha ispirato poeti, scrittori e filosofi

Dalla vetta del monte Cervati, fino a raggiungere il mare, il Parco nazionale del Cilento si svela in tutta la sua bellezza. Da Agropoli a Sapri è tutto un susseguirsi di baie e spiagge, grotte e insenature, aree marine protette; mentre nell’entroterra, dal Vallo di Diano fino agli Alburni, la natura è una geografia di emozioni, uno scrigno che custodisce paesi arroccati, oasi naturalistiche, colline e meraviglia ad ogni centimetro.

Un territorio ricco di storia e cultura, che ha ispirato poeti, scrittori e filosofi. A cominciare da Velia, patria della scuola di filosofia di Parmenide e Zenone. Oltre alla scuola eleatica, il sito archeologico di Velia narra ancora oggi la storia di una grande città della Magna Grecia con i suoi cittadini, le sue sacerdotesse, la sua vita quotidiana, i suoi spazi pubblici e privati. O i maestosi templi di Paestum, che stregarono Giuseppe Ungaretti. Un amore a prima vista, il suo con la natura del Cilento quando nel 1932, durante un breve viaggio, scoprì Paestum, Agropoli, Pioppi, Velia, Pisciotta, Palinuro e altre località.  Il “viaggio” è un crescendo di sensazioni. «Il tempio di Poseidone non ve lo starò a descrivere. Dirò solo che, davanti, il timpano e le colonne doriche ci mostrano un travertino come un vetro infiammato: nel cuore della pietra brucia la luce che non consuma, e traspare la sua indifferenza sacra. – scrive, e poi: Girandogli intorno, l’uomo raggiunge l’ultimo limite dell’idea del suo nulla, al cospetto d’un’arte che colla sua giusta misura lo schiaccia».

Il Cilento è la terra del mito, di cui rimangono tracce ancora oggi nei nomi e nei luoghi. Come Punta Licosa, considerata a giusta ragione una delle località balneari più belle del mondo. Ispirò il cantore Omero: in questo mare si inabissò la sirena Leucosia per amore di Ulisse. O Capo Palinuro, che ha preso il nome dal nocchiero di Enea caduto in mare davanti a quel promontorio perché vinto dal sonno e poi ucciso dagli indigeni.

Resa nota e immortale dalla celebre poesia di Luigi Mercantini, è la Spigolatrice di Sapri, simbolo della città. Il poeta di origini marchigiane narra le gesta dell’eroica e tragica impresa messa a punto da Carlo Pisacane, che organizzò la spedizione di Sapri con l’obiettivo di far insorgere il Regno delle due Sicilie contro la monarchia borbonica. A Sapri, però, il 28 luglio 1857, lui e i suoi uomini furono accerchiati e sconfitti dalle truppe borboniche. Mercantini, con la poesia del 1858, dà notizia di queste gesta con le semplici  parole di una spigolatrice che assistette all’avventura dei “300 giovani e forti”.

Un universo contadino, con le fatiche quotidiane dei lavori dei campi, donne e uomini angosciati dalle asperità della terra e dalle incertezze delle stagioni, hanno ispirato invece l’arte di Josè Garcia Ortega nella sua lunga permanenza a Bosco, collina sul mare del Golfo di Policastro.

Riecheggia ad Acciaroli il mito di Ernest Hemingway,  Premio Nobel per la letteratura nel 1954. La storia locale narra che fu proprio dall’incontro tra lo scrittore americano e un pescatore, avvenuto ad Acciaroli, che prese vita uno dei suoi romanzi più noti, Il Vecchio e il mare.

Infine il viaggio di Pasolini nel 1959 fino a Vallo della Lucania. Nel viaggio di Pasolini a bordo della sua Fiat 1100, alla scoperta dell’estate italiana, immediatamente prima del boom economico degli anni sessanta, si ferma a Vallo della Lucania. Vorrebbe dormire a Paestum, ma si ritrova alle due di notte a Vallo Lucano (scrive così ne “La lunga strada di sabbia”).

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