“Attraverso il Cilento. Il viaggio di C. T. Ramage da Paestum a Policastro nel 1828” (Edizioni dell’Ippogrifo) è tra i testi più preziosi per comprendere il volto storico del Cilento e, più in generale, del Regno di Napoli nella prima metà dell’Ottocento. Il libro raccoglie le pagine in cui lo scrittore e letterato scozzese Craufurd Tait Ramage descrive il suo percorso a piedi e a cavallo lungo una delle aree più affascinanti e meno conosciute dell’Italia meridionale.
Il volume, tradotto e arricchito da introduzione e note di Raffaele Riccio, propone al lettore una narrazione vivida, sorprendente e spesso poetica, capace di restituire la realtà del Cilento nel 1828 attraverso gli occhi attenti di un viaggiatore straniero.
Il racconto di Ramage si inserisce nel grande filone dei viaggiatori europei che, tra Settecento e Ottocento, attraversarono il Sud d’Italia alla ricerca di storia, arte, natura incontaminata e “autenticità”. A differenza di altri autori del Grand Tour, il letterato scozzese sceglie di lasciare la capitale e di inoltrarsi nelle province lontane, spesso ignorate dai resoconti dell’epoca.
Il suo tragitto da Paestum a Policastro diventa così un reportage ante litteram, ricco di osservazioni su: usi e costumi delle popolazioni locali, condizioni economiche dei villaggi, credenze popolari e tradizioni religiose, resti archeologici e testimonianze dell’antichità, paesaggi che alternano aspre montagne, borghi arroccati e tratti di costa incontaminati.
Le pagine di “Attraverso il Cilento” acquistano ulteriore rilievo se lette accanto ai racconti dei suoi connazionali Henry Swinburne e Robert Keppel Craven, autori di importanti resoconti sull’Italia meridionale. Ramage conosceva queste opere, ma se ne distacca con un intento più etnografico che mondano.
Nel suo The Nooks and By-ways of Italy, da cui le pagine cilentane sono tratte, il suo obiettivo non è la magnificenza delle corti o dei monumenti, bensì la vita quotidiana delle comunità rurali, le superstizioni, le rovine dimenticate, la spiritualità popolare.
Le descrizioni dell’autore mostrano un territorio lontano dai circuiti turistici, ma già allora ricco di suggestione. Ramage annota il fascino malinconico dei templi di Paestum, la durezza della vita contadina nell’entroterra, la religiosità diffusa che permea feste, riti e credenze, il carattere ospitale, a volte diffidente, delle comunità locali, la natura selvaggia che accompagna il cammino fino a Policastro.



