Il Leone di Caprera, un ruggito da Camerota a Milano

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Il Leone di Caprera, un ruggito da Camerota a Milano

Una piccola baleniera e una grande impresa. La barca si chiama “Leone di Caprera” e torna a Milano dopo il restauro conservativo-museale realizzato da A.R.I.E.per le celebrazioni del Centocinquantenario dell’Unità d’Italia. Il Leone di Caprera sarà esposto al pubblico nell’Ottagono della Galleria Vittorio Emanuele II dal 16 al 25 marzo. Dal 26 marzo fino al 30 aprile sarà possibile ammirarlo in Largo Cairoli sotto al monumento dedicato a Giuseppe Garibaldi.

E la storia?

Il Leone di Caprera, il cui nome è una dedica all’Eroe dei due Mondi e all’isola sulla quale Garibaldi si era ritirato per vivere gli ultimi anni della sua vita, è un ‘piccolo guscio di noce’ protagonista di una straordinaria traversata dell’Oceano Atlantico compiuta da tre coraggiosi e determinati marinai italiani. Ideatore della difficile impresa fu il Comandante Vincenzo Fondacaro di Bagnara Calabra, aiutato e supportato da altri due connazionali emigrati anch’essi in Uruguay, Orlando Grassoni di Ancona e Pietro Troccoli di Marina di Camerota.

Le motivazioni che spinsero i tre marinai italiani a compiere tale impresa sono indicate da Vincenzo Fondacaro nel diario di bordo scritto dallo stesso in lingua inglese durante i tre mesi di navigazione. – Secondo il comandante calabrese la traversata del Leone di Caprera avrebbe confermato le glorie e le capacità della Marina italiana, offuscate dalla sconfitta subita nel 1866 durante la battaglia di Lissa contro l’Impero Austro-Ungarico. L’impresa avrebbe allo stesso tempo confutato la concezione generale che attribuiva alla marina inglese il predominio sui mari. – In segno di affetto e di amore per la patria, i tre marinai avrebbero portato un album con le firme degli italiani emigrati in Sud America a Giuseppe Garibaldi. Il suo ricordo era ancora vivo presso la colonia italiana in Uruguay, paese nel quale il Generale visse e combatté nel 1842.  L’impresa, sempre secondo il capitano Fondacaro, si proponeva anche uno scopo scientifico: dimostrare l’efficacia dell’olio sul mare in burrasca. Ecco spiegato il perché dei 100 litri di olio a bordo, utili per placare le violente onde oceaniche in caso di emergenza.

Vincenzo Fondacaro di Bagnara Calabra, dopo aver lavorato fin dall’età di 17 anni come comandante per la Marina Mercantile inglese approda in Uruguay nel 1879, con l’intenzione di partecipare alla guerra in atto tra Cile e Perù. Ben presto abbandona il progetto, per dedicarsi anima e corpo a un’impresa più meritevole, la costruzione di un piccolo battello che celebri la gloria e l’orgoglio della marina italiana. Il Leone di Caprera, questo il nome dell’imbarcazione, nasce nel 1879 a Montevideo nei cantieri Briasco, grazie all’aiuto economico del maestro d’ascia Luigi Briasco e al supporto tecnico di Pietro Troccoli. Il costo previsto è di circa 20.000 lire.

Per compiere la sua impresa Vincenzo Fondacaro cerca aiuto economico presso le locali comunità italiane, esponendo la piccola imbarcazione prima a Montevideo (Uruguay) e poi a Buenos Aires (Argentina). Prende piede l’idea di portare in dono a Giuseppe Garibaldi una spada d’oro e un album con le firme degli italiani che, attraverso una sottoscrizione, avrebbero contribuito all’impresa. La traversata è rischiosa, il naufragio ritenuto certo e i sottoscrittori rinunciano subito al progetto della spada d’oro, con grande delusione da parte dei tre marinai italiani. Resta l’album con le firme che viene affidato al comandante Vincenzo Fondacaro. Nel frattempo si aggiunge alla spedizione anche Orlando Grassoni di Ancona, giunto a Montevideo da New York. Nell’estate del 1880, dopo numerose difficoltà, tra cui uno scampato attentato subito da Fondacaro, il Leone di Caprera è pronto a prendere il largo.
Fondacaro e i suoi due compagni partono il 3 ottobre 1880 da Montevideo alla volta dell’Europa. Dopo varie peripezie e 96 giorni di navigazione il 9 gennaio 1881 i tre marinai raggiungono Las Palmas (Isole Canarie). Impossibile proseguire per mancanza di fondi. Pietro Troccoli si reca da Garibaldi a Caprera, portando in dono al vecchio generale l’album con le firme degli emigrati italiani. Intanto Vincenzo Fondacaro cerca il modo di raggiungere col Leone l’amata patria.

La traversata è narrata nei particolari. Dai pasti frugali alle provvigioni di acqua contenute nel serbatoio, stimate dal comandante in 1000 litri d’acqua dolce. Ecco una breve descrizione delle abitudini legate ai tre pasti quotidiani: “Alle 6 antimeridiane si faceva il nostro buon caffè, nel quale ognuno metteva due tuorli, e inzuppava quanto pane voleva, era la prima colazione; alle 10 si coceva carne di manzo in conserva. Alle 5 del pomeriggio, un sontuoso pranzo, con una buona minestra di maccheroni, al brodo di manzo, od estratto di carne, di cui eravamo provveduti abbondantemente; eppoi manzo o pesce salati, vino e caffè.” Non mancano gli aneddoti. A cominciare dalla furiosa tempesta che il 13 ottobre capovolge il Leone facendo cadere in mare l’unica bussola di bordo. Dall’incontro con il brigantino portoghese Maria Dasdoras di Lisbona (martedì 19 ottobre 1880) al brindisi con l’ultima bottiglia di Vermouth per aver superato la linea dell’Equatore (mercoledì 24 novembre), passando per la cattura di uccelli marini e la spedizione attraverso uno di essi di un messaggio legato alla zampa contenente l’ultima posizione del battello (venerdì 26 novembre). Senza contare gli originali modi di passare il tempo, come i concerti a cielo aperto e l’improvvisata lotteria realizzata con numerosi biglietti scritti a mano e inseriti in un sacchetto (sabato 18 dicembre).
Il resoconto del viaggio narra inoltre i numerosi tentativi dell’equipaggio di tenere a bada onde e tempeste improvvise, sia attraverso l’ancora galleggiante, un sacco dalla forma conica di “dodici piedi di lunghezza e quattordici di conferenza attorniato da grosse corde”, sia attraverso l’uso dell’olio, conservato in “sacchi di canovaccio capaci di un boccale, a foggia di bottiglia e ben stretti alla bocca”. L’arrivo in Italia Il Leone di Caprera, fermo a Malaga per mancanza di fondi, arriva in Italia solo il 9 giugno del 1881, quando una nave inglese lo trasporta fino al porto di Livorno.

“I giornali stranieri sono pieni di ammirazione per l’intraprendenza dei nostri marinai che hanno compiuto un viaggio meraviglioso sopra un guscio di noce… Che viaggio! Tutto a vela! Con soli tre uomini a bordo! Americani, inglesi, francesi sono sbalorditi di un simile Tour de force!”. Così commentò, alcuni giorni dopo l’arrivo, la rivista “Illustrazione italiana” del 27 febbraio 1881. Il Leone di Caprera invece non ottenne in Patria i dovuti onori e neppure i Regnanti dimostrarono di comprendere il significato di questa straordinaria impresa, né le grandi capacità marinare espresse, né quel gesto di coraggio mosso dall’amor di Patria. Fondacaro, Troccoli e Grassoni caddero di nuovo in ristrettezze economiche.
Delusi dall’accoglienza ricevuta, i tre non ebbero alternativa se non quella di riprendere la via dell’emigrazione. Vincenzo Fondacaro morì nel 1893 in Oceano durante una successiva traversata, Orlando Grassoni si spense nel 1901, da poco rientrato in Patria, e Pietro Troccoli morì a Montevideo nel 1939, narrando ancora, con l’ultimo filo di voce, del suo viaggio alla figlia. L’imbarcazione viene poi trasferita a Milano in occasione dell’Esposizione Industriale, ed è quindi esposta nel laghetto della Villa Reale di Monza , dove riceverà anche la visita del Re e della Regina, che si limitarono a congratularsi con i marinai per l’impresa compiuta. Nel 1886 il Leone di Caprera viene venduto da Vincenzo Fondacaro allo Stato italiano, che paga la piccola imbarcazione solo 3.500 lire. Il battello, preso in consegna dall’ammiraglio Brin, è trasferito all’Arsenale di Venezia.

Nel 1932 Il Leone di Caprera entra a far parte del Civico Museo Navale Didattico di Milano. Nel 1953 il piccolo battello è trasferito al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, dove rimane fino all’agosto del 1995, quando viene trasferito a Marina di Camerota su richiesta dei concittadini di Pietro Troccoli. Da allora l’imbarcazione resta ricoverata ed esposta al pubblico presso la grotta di Lentiscelle. Solo nel marzo 2007, grazie a un finanziamento del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, è stato possibile cominciare i lavori di restauro conservativo-museale di questo straordinario bene storico.

La rinascita del Leone di Caprera. Il progetto di restauro museale, concepito e promosso da A.R.I.E. con i fondi concessi dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al Comune di Camerota, prende il via venerdì 23 marzo 2007 con il trasporto dell’imbarcazione dalla grotta di Lentiscelle (Marina di Camerota), dove era ricoverata dal 1995, a Livorno per l’inizio dei lavori di restauro. Gli interventi di restauro conservativo-museale sono stati effettuati sotto la direzione del Comitato tecnico-scientifico di A.R.I.E. presieduto da Stefano Faggioni dello Studio Faggioni Yacht Design di La Spezia che, con tutta la propria esperienza, ha seguito e diretto le delicate fasi di restauro del cimelio. I lavori sono stati svolti a Livorno presso il cantiere ‘Old Fashioned Boats’ di Francesco Crabuzza.

fonte: lastampa.it

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