San Mauro Cilento e la Festa dell’Addolorata: dal 1726 ad oggi

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San Mauro Cilento e la Festa dell’Addolorata: dal 1726 ad oggi

“Vergine Addolorata apri le sante porte / oh che ‘scurata sorte / è morto il tuo Gesù!”
È questo il coro che si leverà il Lunedì in Albis, a San Mauro Cilento quando, dopo la benedizione delle cènte alle ore 9.00, la processione si avvierà verso la cappella della Madonna dei Sette Dolori, ex cappella di Santa Sofia. Ritornano anche quest’anno i grandi festeggiamenti in onore di Maria SS. Addolorata, momento importantissimo per tutti i sanmauresi.
Volendo tracciare la storia di questa festa bisogna partire dal 1726, secondo quanto una nota del registro parrocchiale riporta, apprendiamo che in quell’anno vi fu una “cerca per la Terra e spese a tante cere per la processione ad impetandam pluvian”.  Risale a quell’anno la siccità che aveva distrutto i campi: era da mesi che non pioveva quando i walàni (bifolchi) rimossero la statua dalla sua cappella per portarla in processione tra i campi per farle vedere ciò che rimaneva di quello che era la loro fonte primaria di sostentamento. Era il Lunedì in Albis: arrivati nei pressi della chiesa parrocchiale cominciò a piovere, i fedeli decisero di riparare qui la statua dal prezioso manto e qui rimase per tutta la settimana, venerata dai suoi figli che speranzosi si erano affidati a lei. La domenica successiva, con una solenne processione, la statua fece ritorno alla sua dimora originaria. È nel 1764 che si intensifica la devozione: oltre alle celebrazioni solenni e alla Coronella del Venerdì, si registrano maggiori cure alla cappella e cominciamo a scorgere le prime annotazioni della “Festa dell’Addolorata”, termine che alla fine dell’Ottocento sostituirà l’antico “Madonna dè sette Dolori”. Successivamente ci sono stati i primi restauri della statua e venne fatto il Cristo morto, di legno, che trovò collocazione ai piedi della statua. Tra il 1807 e il 1844 non è registrata nessuna traccia di questa festa: nel periodo francese molte chiese del Cilento furono saccheggiate dai soldati, probabilmente stessa sorte toccò anche la cappella dell’Addolorata che, come annotava l’Arciprete D. Giuseppe Piccirilli nel 1850, annotava che “si è trovata sfornita di tutto”. Dalla fine dell’Ottocento è ripresa in grande la devozione dell’Addolorata: venne completato l’arredamento e dipinto il Gesù Morto (1899), vennero fatte stampare le prime figurine con l’immagine della Madonna e fu costruito il trono per l’esposizione. Dal 1904 i voti di cera aumentarono, si cominciò a tenere per la festa un conto a parte e venne data un’organizzazione più precisa. Si colloca in quest’anni la formazione di una Commissione che controllava la gestione dei beni e l’organizzazione della festa.
Allora come ora il Lunedì in Albis, in mattinata, venivano benedette le cénte, doni votivi di forma diversa (generalmente u’ canistro o la barca), con i fiori, le candele e i nastri colorati. Venivano portate in testa dalle donne che aprivano la processione, in fila una dietro l’altra. Partecipava anche la Congregazione della Madonna delle Grazie, la banda musicale ed il clero. La statua nella chiesa parrocchiale veniva collocata su un trono di legno, dorato e intagliato e durante tutta la settimana c’era un viavai di pellegrini. La Domenica in Albis la giornata si apriva con spari di mortaretti, alla celebrazione solenne seguiva l’arriffo della statua, una sorta di asta con la quale gruppi di giovani si disputavano l’onore di portarla, che oggi si tiene, invece, il lunedì. Quest’usanza ebbe origine quando un gruppo di tagliaboschi-carbonai di Siano, i cosiddetti “Mannìsi” che vivevano sulla Montagna della Stella, reclamò a sé il diritto di portare la statua, avendo offerto una grossa somma per la festa. Fino ad allora la statua veniva portata dalle prime persone che la mattina “arrivavano ‘nnanti la Marònna”.
Dopo la seconda guerra mondiale si è sviluppata la “fèra” (fiera) che ha luogo tutt’oggi il sabato e la domenica. L’usanza di appendere denaro al manto della statua risale al 1917: era il dono votivo di madri e mogli che avevano i loro cari in guerra. Successivamente, onde evitare che il prezioso manto si rovini con gli spilli che vi venivano attaccati, è stato posto ai suoi piedi un cuscino dove ognuno lascia la propria offerta. Nel 1933 viene costituita la banda musicale di San Mauro Cilento, che da allora accompagna la processione.
Per l’occasione il parroco viene coadiuvato da più sacerdoti, ottimi predicatori che durante questa settimana accompagnano i fedeli in un percorso di riflessione, preghiera e penitenza. La domenica c’è il rientro delle statue e per l’occasione in paese giunge molta gente dei paesi vicini che segue la processione fino alla cappella della Madonna, dove, con un ultimo discorso del predicatore che riassume il settenario sul sagrato della chiesa, finisce la festa. Le cénte girano intorno alla statua, rimessa al suo posto sull’altare, ed escono senza voltare le spalle alla Madonna. Segue poi il saluto dei fedeli accompagnato dal canto: “Siamo venuti e mò ce ne andiamo / come facciamo senza di te. / Maria rispose “Io vi accompagno / sotto al mio manto vi porterò”.
Come ogni anno, durante tutta la settimana ci sarà la Santa Messa sia al mattino che alla sera, i canti liturgici saranno eseguiti dalla Corale San Mauro Martire e il programma sarà scandito ogni giorno da un motivo diverso: Martedì – Giornata delle vocazioni, Mercoledì – Giornata degli anziani e degli ammalati, Giovedì – Giornata delle giovani coppie, Venerdì – Giornata dell’infanzia, Sabato – Giornata dei giovani. Con “Totus Tuus”, concerto a chitarra e voce di D’Alessandro e Nicola Napolitano previsto per giovedì sera alle 20.45, un pensiero va ad un “fedelissimo figlio” della nostra protettrice: Papa Giovanni Paolo II. Si chiude la settimana con il concerto in onore della B.V.M. Addolorata con l’Ensemble Vocale e Strumentale “Salerno Classica”, diretto dal M° Luciano D’Elia.
Una settimana importante che vede il paese in fermento: è il rinnovo di una tradizione di origine votiva che si tramanda da padre a figlio e fa sentire nell’aria quel qualcosa di speciale che invita tutti a partecipare.

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