Ostigliano, evoluzione demografica tra XVI e XVII secolo

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Ostigliano, evoluzione demografica tra XVI e XVII secolo

Analizziamo sulla base della storia nota – poca e spesso non esaustiva – l’andamento demografico di questa piccola comunità, riferendoci ai dati riguardanti un lasso di tempo che abbraccia poco meno di un secolo e mezzo, e precisamente dal 1522 al 1669.
In questi 147 anni possiamo soffermarci su almeno due punti cruciali, evidenziati da altrettanti eventi incisivi sulla storia demografica.
Dal Giustiniani sappiamo che nel 1522 Ostigliano è tassato per 23 fuochi, nel 1532 per 28, nel 1545 per 26, nel 1561 per 24, nel 1595 per 18 e solamente 6 nel 1648; ma nel 1656 le famiglie stabili salgono vertiginosamente a 66, per poi calare nuovamente in modo drastico, tanto che nel 1669 le famiglie residenti sono 11.
Una prima considerazione, di carattere generale, va fatta sul periodo 1522-1561.
I quattro censimenti di cui disponiamo in questi anni, mostrano discrepanze più o meno irrilevanti, nonostante che, ad eccezione del primo decennio, tali censimenti non hanno cadenza fissa.
La variazione statistica consente di affermare che i nuclei familiari in incremento e decremento siano dovuti sostanzialmente a cause naturali anche perché nel periodo in oggetto non vi sono stati eventi particolari che possano avere influito sulla vita di una comunità irrisoria (in riferimento alla popolazione).
Si noti però, che dal 1532 al 1648 è in ascesa un continuo decremento della popolazione, il quale culmina negli anni della grande peste, che riduce il villaggio a soli 36 abitanti (pari a 6 focolai).
Non è da escludere che una tale diminuzione debba essere attribuita ad una catastrofe addirittura superiore alla peste verificatasi nella seconda metà del ‘600, ma tuttavia possono essere tratte anche conclusioni inverse. 
Indipendentemente da questo proposito, un’analisi più accurata e motivata va invece fatta sugli otto anni che separano il 1648 dal 1656.
A seguito di queste prime considerazioni, però, va tenuta viva una considerazione ulteriore: è molto probabile che gran parte della popolazione ostiglianese, nel periodo in oggetto, doveva essere costituita da “pendolari”, cioè lavoratori stagionali che si radunavano dai paesi vicini e dai centri dell’interno, che qui giungevano per la raccolta delle olive e dei fichi, come è accaduto almeno fino ai primi decenni del 900 ultimo scorso.
Ritornando al tema centrale, possiamo affermare che il problema sta nello spiegare come in una catastrofe epidemica più che ridursi, il paese abbia potuto prosperare, incrementandosi in maniera piuttosto rapida, date le circostanze.
Sappiamo che nel 1648 il territorio era in preda ad una grave carestia, che nel giro di pochi anni si affiancò alla triste e nota peste del 1656, forse la più distruttiva – storicamente certificata – che abbia interessato Ostigliano, e del resto gran parte del meridione d’Italia.
Nel 1648, come già detto, Ostigliano conta 6 focolai, pari a circa 36 unità; questo è il risultato della tremenda carestia che ridusse drasticamente la popolazione dell’abitato.
Fin qui nulla di anomalo, se non fosse che, appena otto anni dopo il paese appare miracolosamente ripopolato; le famiglie stabili del 1656 sono 66, pari a 528 abitanti (un incremento che supera il 100% annuo, per ognuno degli otto anni che separano il 48’ dal 56’; inoltre le fonti da cui ho tratto questi dati, parlano chiaramente di popolazione stabile, quindi residenti annuali, pertanto i 528 abitanti potevano risultare addirittura raddoppiati se vi si assommano i lavoratori stagionali).
E il dato è piuttosto discordante (tenendo conto che nel 1656 è in pieno atto la grande pestilenza) visto che il casale non è in decremento, anzi, tutt’altro, è soggetto ad un forte incremento, definibile sproporzionato. 
È pur vero che, come già detto, il paese era di piccole dimensioni, ma in rapporto a tali parametri, l’incremento è notevole.
L’ondata di pestilenza per il territorio circostante ebbe gravi conseguenze sulle popolazioni locali, tanto che alcuni paesi rimasero semi-deserti ed altri addirittura non  si ripresero più.
Il 1656 a questo punto, può avere un’unica spiegazione possibile e precisamente la seguente: la posizione salubre di Ostigliano richiamò l’attenzione degli scampati dai vicini paesi appartenenti allo stesso casato, quali Orria, Piano e Vetrale, e non da escludere dallo stesso Perito, i quali andarono ad incrementare in modo brusco la popolazione locale, nella speranza di sfuggire alla morte certa, poiché, la peste, nei loro luoghi di provenienza, costitutiva ancora grave minaccia.
Maggiormente rilevante, è il quadro poc’anzi esposto, il quale fa presupporre che la vallata di Ostigliano sia rimasta praticamente immune alle morti febbrili.
Inoltre, la riduzione a sei focolai sussistente nel 1648, potrebbe essere dovuta ad un decremento naturale (come già evidenziato), solo in parte attribuibile all’epidemia; la vallata in cui sorgeva l’abitato, rimase quasi indenne al contagio e testimonierebbe l’allocazione del borgo in altra posizione rispetto all’attuale, in zona dove l’aria non respirasi insalubre (affermazione riportata nello scritto dello storico Pietro Ebner: Chiesa, baroni e popolo nel Cilento).
Ciò è di sicuro accreditabile alla posizione salubre ed isolata dell’abitato, e gli scarsi contatti con i paesi del circondario, che con molta probabilità si intensificarono proprio in seguito all’evento (della peste), catapultando il paese nel quadro economico cilentano più florido dei decenni che or ora abbiamo esaminato.

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