Il Cilento, i miti: Palinuro (parte II)

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Il Cilento, i miti: Palinuro (parte II)

Palinuro tra mare e terra.
Scampato al mare, Palinuro raggiunge la terra, e qui, scambiato per un mostro, viene assassinato. Enea, accortosi della sua mancanza, intraprende invano le sue ricerche e non avendo esito alcuno, presume la sua morte. È ora Palinuro in balia del destino, vagando tra le anime degli insepolti e qui incontra Enea.

Enea e Palinuro.
Arriva Palinuro, il nocchiero avvolto dal mare durante la navigazione.

Enea lo riconosce tra il buio della notte:
“O Palinuro, quale dio ti ha strappato a noi e ti sommerse nel profondo del mare? Orsù, parla. E infatti Apollo, che mai prima ho trovato bugiardo, solo con questo responso ha deluso il mio animo, quando profetizzava che saresti scampato al mare e saresti giunto sulle terre Ausonie. È questa, forse, la fede promessa?”.

Palinuro rispose:
“Né il tripode di Apollo ti ingannò, o duce figlio di Anchise, né un dio sommerse me nel mare. Infatti, trascinai con me il timone strappato con molta forza, al quale ero aggrappato, col quale governavo la navigazione e che mi era stato dato da custodire. Giuro sui mari tempestosi di non aver preso nessun grande spavento tanto per me quanto per la tua nave, che, spogliata degli strumenti e privata del nocchiero potesse naufragare allo scatenarsi di così grandi marosi. Il violento Noto per tre notti tempestose mi trascinò sull’acqua per gli immensi mari; appena al sorgere della quarta alba scorsi l’Italia sollevato sulla cima di un’onda, lentamente m’avvicinavo a nuoto alla terra, già in salvo l’avevo raggiunta, se una gente crudele non mi avesse assalito col ferro e ignara non mi avesse giudicato una facile preda gravato com’ero dalla veste bagnata mentre cercavo di afferrare colle mani adunche le aspre sporgenze di una rupe. Ora mi tiene l’onda e mi rivoltano i venti sul lido. Perciò ti prego per lo splendore giocondo del cielo e per le brezze, per il genitore e per le speranze di Iulo che cresce, i invitto, strappami da questi mali; o ricoprimi di terra (e tu lo puoi ben fare) e cerca i porti di Velia, oppure, se c’è qualche modo, se la divina tua madre te ne mostra qualcuna, infatti non credo che ti prepari senza la volontà degli dei a traversare così grandi fiumi e la palude Stigia, porgi la destra a un infelice e conducimi con te sulle onde affinché almeno nella morte io possa riposare in una dimora tranquilla”.

(Eneide, Libro VI, vv. 336-371 [traduzione])

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