Maybe I’m live ad Agropoli: l’intervista

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Maybe I’m live ad Agropoli: l’intervista

Continuano gli appuntamenti live ad Agropoli con — WOW — Save the Live Music!, organizzati dall’associazione Panico Art.

A calcare il palco della kermesse, il 22 dicembre, i Maybe I’m.

Per l’occasione li abbiamo intervistati.

D: Presentatevi ai nostri lettori.
R: Al momento ci chiamiamo Maybe i’m…e siamo un duo. Del futur non v’è certezza.

D: Siete una formazione a due: come mai questa scelta?
R: E’ una scelta dettata unicamente dal fatto che per noi suonare assieme vuol dire condividere un certo modo di vedere le cose, se questa condivisione manca non ci ostiniamo nel cercare il “turnista”, cerchiamo di fare coi nostri mezzi. Quando incontriamo invece gente con cui questa condivisione c’è non ci facciamo problemi ad allargare l’organico: proprio in questi giorni abbiamo terminato i mixaggi di uno split registrato con dei nostri amici di Bari, Bokassà. E’ uno split suonato tutti assieme, in formazione di sei elementi, interamente composto e registrato in tre giorni.

D: Se in studio si può lavorare di sovraincisioni l’ambiente live non lo permette: come ovviate a queste problematiche su palco?
R: In realtà non abbiamo nessuna problematica nel senso che su disco le sovraincisioni sono ridotte al minimo e sono comunque non essenziali per l’andamento/movimento dei brani.

D: Dal vivo, quali sono i vantaggi e gli svantaggi collegati a questa scelta?
R: Non crediamo che muoversi all’interno di un mondo fatto spostamenti d’aria possa portare vantaggi o svantaggi. Crediamo nelle vibrazioni, nel movimento, cerchiamo di far uscire lo scheletro fuori, a prendere una boccata d’aria, ed è una cosa che è sempre possibile fare, a prescindere dal numero di elementi che invade il palco. Forse l’unico svantaggio potrebbe essere il rischio abbuscarsi un raffreddore.

D: Fino all’anno scorso eravate un trio, con Clara Foglia al violino: come mai la scelta di rendere ancora più scarna la vostra formazione?
R: E’ stata una scelta legata al nuovo disco, “Homeless ginga”, che è molto più roots e minimale del precedente e in cui il violino, a parte qualche sporadica sovraincisione, non ha trovato molto spazio.

D: Suonerete ad Agropoli, al Riviera, il 22 dicembre: cosa deve aspettarsi il pubblico da un vostro live?
R: Principalmente una pratica di des-territorializzazione. Noi invece ci aspettiamo che il pubblico non stia fermo a guardarsi il concerto, altrimenti ci si annoia un po’ tutti.

D: Progetti attuali e futuri?
R: L’uscita dello split coi Bokassà di cui abbiamo parlato sopra, e molte altre date che si stanno aggiungendo man mano. Nel frattempo stiamo già iniziando i lavori per il nuovo disco.

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