Un’onda calabra ad Albanella: intervista a Peppe Voltarelli

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Un’onda calabra ad Albanella: intervista a Peppe Voltarelli

Peppe Voltarelli, uno dei nomi più importanti del cantautorato italiano, sia durante la sua avventura con Il Parto delle Nuvole Pesanti che da solista.

L’8 agosto il cantautore calabrese suonerà ad Albanella in occasione del festival Botteghe d’Autore.

L’abbiamo intervistato.

D: Cantautore, attore, membro de Il Parto delle Nuvole Pesanti e solista: chi è Peppe Voltarelli?
R: Sono un cantante e musicista molto curioso, amante della scrittura e del cinema, appassionato di teatro, che ha la fortuna di poter praticare queste arti in maniera professionale.

D: Suonerai a Botteghe d’Autore: cosa deve aspettarsi il pubblico cilentano da un tuo live?
R: Canzoni in italiano e dialetto, parole di sostegno a  cause civili, meridionalismo non retorico, ironia e autocritica, fondamentale autocritica.

D: Cilento e Calabria, due mondi vicini. Il Cilento, come parte dell’antica Lucania, ha probabilmente più connessioni culturali con la Calabria che non con la Campania: conosci la zona e hai avuto modo di farti un’idea sull’andare degli eventi nel Cilento?
R: Ho suonato nel Cilento diverse volte, ultima ad Acciaroli. Anzi, a Scario, una sera di inizio settembre di qualche anno fa. Il clima, la vicinanza e la vostra ospitalità fa del Cilento un posto a me molto familiare.

D: Hai dedicato la vittoria della Targa Tenco 2010 come miglior album in dialetto (vinta con l’album “Ultima notte a Malà Strana”) ad Angelo Vassalo: che idea ti sei fatto sulla vicenda e come mai credi che dopo la bufera mediatica iniziale ormai se ne senta parlare di rado se non in sparuti omaggi?
R: Ciò che accade spesso a sud è che chi ha talento ha la peggio. Mi piaceva l’idea di un sud operoso e non lamentoso, e Vassallo lo era. Onoriamo la memoria delle sue opere e del suo impegno per il bene comune. La faccenda giudiziaria è un fatto che non conosco. Mi piace pensare alle sue battaglie per l’ecologia: che siano da simbolo per le generazioni future del Cilento e dell’Italia intera. Il resto non mi interessa.

D: Come nascono i tuoi brani?
R: I brani sono già nati. Camminano per casa, per strada. Li devo solo afferrare e fermare. Le canzoni sono intorno a noi, basta vederle e sentirle. Ci vuole un po’ di pazienza e sensibilità, un po’ di coraggio per ammettere la verità, ma poi, una volta fatto, è tutto semplice.

D: Sei anche autore di colonne sonore: com’è il dover scrivere “su commissione” e in cosa si differenzia dallo scrivere brani nati dalla pura e semplice ispirazione (immagino libera da “obblighi”)?
R: Se si lavora con autori con cui si è in sintonia non va bene la parola “commissione”, è più corretto parlare di condivisioni e sguardo comune. È come fare una ricerca insieme: trovare fonti e farsi guidare dalle indicazioni della sceneggiatura, vedere le immagini, sentirle, conoscere il sentimento dell’autore e mettersi a suo fianco.

D: Cosa invece ti porta a cimentarti come attore?
R: Recitare è un gioco serio fatto di studio e abnegazione. Sono un principiante ma volenteroso. Mi metto volentieri a servizio di progetti in cui credo e che possano far crescere il mio bagaglio culturale e umano, per questo faccio una selezione molto attenta delle proposte.

D: Com’è andata poi a finire la questione con Antonio Albanese?
R: Dopo qualche reticenza iniziale la produzione ha pagato per l’utilizzo di una mia canzone. Si trattava di un progetto cinematografico molto lontano dal mio immaginario espressivo. Era corretto farlo notare ai più distratti e ai superficiali inseguitori del successo facile.

D: Credi che il personaggio di Cetto Laqualunque porti effettivamente la gente a riflette su problematiche delicate come quella della corruzione politica e della mafia o pensi che alle masse arrivi solo il personaggio macchiettistico del “pilu” e degli altri tormentoni che poco hanno a che fare con la satira socio-politica?
R: Sistematicamente il successo è accostato ad una riduzione della qualità dei prodotti che si vendono. Tutti pensano che il pubblico sia onnivoro e mangiatore di merda. Io non la penso così. Chi riduce le proprie qualità pensando di favorire la diffusione nel grande pubblico seriale alla fine riduce sé stesso, diventa banale, scontato e ripetitivo. Ma questo si vede e si sente sopratutto nel tempo. Si percepisce una caduta del senso preoccupante a favore della risata priva di contenuto che spesso fa ridere in un perimetro molto contenuto.

D: Tante collaborazioni, da Finaz della Bandabardò (che ha prodotto il tuo primo album solista) a  Roy Paci, Sergio Cammariere, Pau dei Negrita: c’è qualche artista in particolare, magari anche giovane, che segui e con cui ti piacerebbe collaborare in futuro?
R: Da poco ho scoperto un gruppo di italiani che stanno a Parigi, i Guappecarto: straordinari.

D: Progetti attuali e futuri?
R: Proseguire il lavoro sul canto civile proseguendo il cammino all’estero puntando su progetti di qualità fatti di incontri preziosi.

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